L’Istituto zooprofilattico ha catturato nel paese della Bassa un esemplare dell’insetto portatore della malattia. Il dipartimento di prevenzione precisa che è tutto sotto controllo L’Avis rassicura sulle donazioni: «Esami puntuali e periodici»
Le zanzare infette dalla «febbre» del Nilo approdano nella Bassa. L’Istituto zooprofilattico delle Venezie (Izs) ha infatti isolato a Casaleone un esemplare di «Culex pipiens» – la specie di insetto succhia-sangue maggiormente diffusa nella pianura veneta – risultato positivo alla «West Nile disease» (malattia del Nilo occidentale, ). È la prima volta, da quando nel 2008 tale tipo di malattia è comparso nella nostra Regione, che una zanzara portatrice del virus viene rinvenuta nelle campagne veronesi. L’insetto è stato catturato grazie ad una delle 24 trappole disseminate dall’Istituto nel Veneto proprio per monitorare la diffusione del virus sul territorio. La scoperta non costituisce un fattore di pericolo immediato per la popolazione locale. Ma è bastata a far scattare repentinamente le procedure di allerta da parte dell’Ulss 21. Tutto ciò anche alla luce del recente caso di un 71enne della provincia di Rovigo, colpito da malattia neuro-invasiva contratta proprio a causa della «West Nile» trasmessa da una puntura di zanzara. In questo caso, tuttavia, la persona affetta dal morbo era già indebolita da altri problemi di salute. Dopo aver ricevuto la segnalazione, l’Ulss 21 ha agito su due fronti. «Immediatamente», rimarca Paolo Coin, direttore del Dipartimento di prevenzione, «abbiamo inviato a tutti i sindaci, a cominciare da quelli dei Comuni più vicini al luogo dove è stata rilevata la zanzara portatrice del virus, una comunicazione affinché sensibilizzino la popolazione ad adottare le misure idonee di prevenzione e per sollecitare trattamenti sul territorio». Poi evidenzia: «Ai medici di famiglia abbiamo spedito copia della circolare ministeriale, con i protocolli da adottare nel caso insorgessero in qualche paziente i sintomi della malattia». Coin, comunque, assicura che l’incidenza del virus sull’uomo non è particolarmente elevata. «Nell’80 per cento dei casi», puntualizza, «l’infezione è priva di sintomi, tutt’al più più chi la contrae può avere una banalissima febbre. In un altro 19 per cento di pazienti si può riscontrare una temperatura corporea più alta». Per il dirigente solo l’un per cento delle volte la malattia può evolversi nella sua forma più grave e, per fortuna, più rara. «In presenza di altre patologie gravi», prosegue Coin, «il virus può essere fatale». L’attenzione, da parte delle autorità sanitarie della Bassa è dunque massima. Il virus, per il quale non esiste un vaccino per l’uomo, si evita soltanto con la riduzione dell’esposizione del corpo alle punture. Gli esperti hanno escluso però che l’agente patogeno si possa trasmettere da persona a persona, o da cavallo a persona. È stato invece documentato il passaggio indiretto tra uomini attraverso le trasfusioni di sangue o suoi componenti, il trapianto di organi e tessuti. Per questo motivo anche le associazioni di volontariato, come quella dei donatori di sangue dell’Avis, mantengono alta la guardia sul fenomeno. «Temo che tutto ciò provochi un calo delle donazioni», afferma Mauro Zocca, presidente dell’Avis provinciale, «anche se i nostri donatori, che sono circa tremila solo nel Basso veronese, vengono già sottoposti a controlli puntuali e periodici prima delle donazioni. Vista la situazione, comunque, sensibilizzeremo i nostri iscritti tramite le oltre 20 sezioni sparse nella zona». Dal canto suo, anche la Regione conferma: «Sono state adottate dal Centro nazionale sangue misure di sorveglianza attiva dei donatori delle province dove si sono già verificati casi umani di West Nile nel biennio 2012-’13».
L’Arena – 11 agosto 2013