La dieta non è affatto finita. Ed anzi continuerà per tutto il 2014. Come preannunciato alcune settimane fa dal ministro della Funzione pubblica Gianpiero D’Alia, il blocco sugli stipendi e sugli scatti di carriera dei circa 3 milioni di dipendenti pubblici, attivato nel 2011 dal governo Berlusconi per ridurre la spesa pubblica, è stato prorogato ancora per un anno.
Lo ha deciso il Consiglio dei ministri che ha approvato in via definitiva quanto indicato dalle commissioni parlamentari e dal Consiglio di Stato. Salari congelati dunque anche il prossimo anno, ma le due commissioni hanno dato il via libera a condizione che il governo non proceda in futuro con ulteriori misure che congelino gli stipendi degli statali. Nel dettaglio, la dura scelta dell’esecutivo Letta blocca i trattamenti economici individuali, riduce le indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri e ai dirigenti e stoppa tutti i meccanismi di adeguamento retributivo, gli scatti di stipendio e le progressioni di carriera. l giustificare la scelta, Palazzo Chigi ha fatto esplicito riferimento alla «particolare contingenza economico-finanziaria, che richiede interventi non limitati al solo 2013, i cui effetti sono stati già scontati sui saldi di finanza pubblica» aggiungendo che c’è un problema di conti pubblici da tenere sotto controllo. Che non permette, per il momento, di riaprire i cordoni della borsa.
Alla gelata nei confronti degli statali, ha però fatto seguito l’annuncio che a settembre il governo incontrerà le parti sindacali per riaprire la contrattazione per i rinnovi contrattuali, che era congelata da cinque anni «anche se riguarda solo la parte normativa, e non economica, ci mette nelle condizioni di poter riprendere un circuito virtuoso delle relazioni sindacali, che in questi anni purtroppo è stato abbandonato ed è stata una delle cause della demotivazione del personale pubblico» ha sottolineato il ministro D’Alia. Il quale, riconoscendo che in questi anni, con i blocchi contrattuali, gli statali «hanno pagato un costo alla crisi» ha spiegato che d’ora in avanti i dipendenti pubblici «devono essere coinvolto nelle politiche che il governo intende fare e che servono a migliorare la qualità e la quantità dei servizi che si offrono a famiglie e imprese».
SINDACATI INFURIATI
La riapertura della contrattazione (insufficiente per i medici: il sindacato Anaao Assomed ha prefigurato ulteriori scioperi da parte della categoria) è stata salutata in maniera tiepida dai sindacati. In una nota congiunta, Cgil, Cisl e Uil hanno parlato di «minimo passo in avanti, certo non sufficiente, che tuttavia consentirà la ripresa delle trattative dopo 4 anni di blocco. Il ministro D’Alia – hanno annotato le organizzazioni dei lavoratori – sembra aver capito che nessuna riforma è possibile senza il confronto con i lavoratori. Ma la timidezza di questa e di altre iniziative del Governo non aiuta. Servono impegni concreti e soprattutto risorse». Quanto ai riflessi sui portafogli degli statali colpiti dal blocco degli stipendi, Cgil (con riferimento al 2013 ) calcola un taglio di 200 euro mensili, mentre una indagine Aran ricorda che nel biennio 2011-2012 le buste paga sono state ridotte dell’1,3% con un risparmio di 6,6 miliardi per le casse statali. E nello stesso periodo, soprattutto a causa di misure come il turn over, il numero dei dipendenti pubblici si è ridotto del 3,5%: 120 mila lavoratori in meno.
Il Messaggero – 9 agosto 2013