Il Romagnolo, dopo molti sforzi, conta oggi 500 esemplari. Umili lavoratori e amici dei bambini, gli asinelli in Italia sono sempre di meno. Per anni sono stati dimenticati al punto da rientrare nella categoria degli “animali reliquia”. Un gradino sopra la soglia dell’estinzione.
Un vero peccato visto che, grazie alle loro qualità, gli asini (se pur pochi) vivono una sorta di seconda vita. A metà strada tra biodiversità e tempo libero. E in alcuni casi la lotta contro l’estinzione funziona. Una storia felice è quella degli asini romagnoli (una delle nove diverse razze di asini esistenti in Italia). Erano solo 76 nel 2005, oggi sono più di 520, tutti con regolare passaporto e microchip. Amati dai piccoli e dimenticati dagli adulti, gli asini sono talvolta nobilitati per le loro qualità. Più tozzi e meno nobili dei “cugini” cavalli, ispirano quella naturale simpatia che molto ha contato nel rilancio. Senza contare che il loro costo e mantenimento non raggiunge certo cifre da capogiro. «Pazienti e dolci con bambini e disabili, sono utilizzati per corsi di “Onoterapia”», spiega Alberto Minardi, presidente dell’Associazione Italiana Allevatori di Razza Asini, «aiutano il paziente a ridurre lo stress, alleviare le difficoltà emotive e migliorare la comunicazione. Sono sempre più richiesti nelle situazioni difficili e la loro pazienza è tale che ottengono risultati incredibili». Non solo. A sorpresa gli umili asinelli contribuiscono persino al rilancio del turismo. Come? Tra le vacanze più diffuse nell’estate della crisi, a quanto pare, c’è infatti il “trekking sommeggiato”. Si tratta di passeggiate di gruppo, per periodi che vanno da pochi giorni ad una settimana e sotto la guida di un capogruppo. In queste eco gite l’asino diventa naturalmente il miglior amico del camminatore. «L’asino è abituato a portare pesi ben maggiori», aggiunge Minardi, «è l’ideale compagno di viaggio perché porta i carichi dei turisti senza fatica e mantiene un passo che non affatica neppure i più pigri». Ottime (e insospettate) qualità sono anche quelle del latte d’asina. È usato per l’alimentazione dei bambini con forti allergie, perché ha un profilo biochimico simile aquello del latte materno ed è molto più digeribile rispetto a quello di mucca e di capra, e degli anziani perché consigliato nella prevenzione dell’osteoporosi. Ma è anche indicato come base per prodotti cosmetici (la storia insegna come Cleopatra facesse grandi bagni nel latte di asina) e come forma di medicina di tipo naturale. «Non va poi dimenticata la caratteristica che rende l’asino famoso», precisa Minardi, «ed è quella di gran lavoratore. Sono solo molto prudenti e diffidenti ma poi hanno una resistenza altissima, un aiuto indispensabile in campagna ma anche negli agriturismi. Non si deve rischiare di perderli».
Di come combattere il rischio di estinzione si discuterà sabato in un convegno nazionale “L’asino tra memoria e modernità” (ad Alfero, in provincia di Forlì e Cesena). Mentre domenica si terrà il cinquantesimo “Palio dei Somari”. «Nulla è casuale nel rilancio di questo animale», spiega Minardi, «nel 2005, periodo di massima estinzione, si studiarono con attenzione undici marcatori di Dnadell’asino romagnolo e dopo un iter severo la Commissione ministeriale dell’agricoltura ne riconobbe ufficialmente la razza. Solo allora è stata inserita nel registro anagrafico delle razze e popolazioni equine riconducibili a gruppi etnici locali». Non è la sola però. Ci sono gli asini dell’Amiata, quello bianco, quello di Pantelleria, il ragusano, il sardo il grigio siciliano e quello di Martina Franca. Tra le più rare quella di Pantelleria e dell’Asinara. Oltre, naturalmente, al Romagnolo.
Repubblica – 9 agosto 2013