Parmigiano, prosciutto di Parma, olio toscano? Il semaforo è rosso, sorry. Il codice a colori voluto dal governo Cameron sulle etichette dei prodotti alimentari, per distinguere gradualmente quelli sani (verde), intermedi (giallo ambrato) e meno sani (rosso, appunto) rischia di penalizzare il made in Italy sulle tavole d’Oltremanica.
Perché la griglia di valutazione semaforica su contenuti percentuali di sali, grassi e zuccheri in un determinato prodotto condanna buona parte della dieta mediterranea al marchio di unhealth, insano.
Nelle intenzioni di Cameron, la raccomandazione dei “traffic lights” sulle confezionidovrebbe essere un primo tampone al problema-obesità nel Regno Unito. Un’emergenza, più che un problema, se è vero che i cittadini britannici adulti con un peso superiore alla soglia d’allarme superano il 60% e costano alla sanità nazionale 5 miliardi di sterline l’anno. Da qui la misura, accolta anche da colossi come Pepsi e Nestlè (la Coca-Cola ha spiazzato il governo, dicendo no) e dalla grosse catene di supermercati del Regno Unito: Tesco, Sainsbury’s e Marks & Spencer. Un sì corale che ha impresso, di fatto, il semaforo nutrizionale sul 60% dei prodotti alimentari in commercio tra retailers e commercio all’ingrosso.
La lettera alla Ue
Ma le percentuali calcolate su un singolo nutriente dicono poco sulla qualità del prodotto. E classificano come “pericolosi” ingredienti essenziali per una qualsiasi dieta, dal latte al carne. Lo sottolineano voci critiche da Londra, come il numero uno di Sainsbury’s Justin King. E lo ribadisce a maggior ragione la Federalimentare italiana, preoccupata per un ‘apartheid’ gastronomico che troncherebbe i ponti europei delle piccole e medie imprese del settore. Le associazioni di categoria chiedono un intervento della Commissione Ue Industria e imprese, per verificare la legittimità della “raccomandazione” del premier birtannico.
Crociata contro i prodotti tipici
La black, anzi, red list del cibo “insano” sbarra la strada a latte, formaggi, carne, salumi, marmellata, olio (anche extravergine). Per non parlare del reparto dolciario: rosso accessissimo in un codice che non si differenzia troppo dalle avvertenze sui pacchetti di sigarette. La scelta di Cameron, a dire di Federalimentare, è in aperta contraddizione alla politica di qualità della Ue per il commercio e la valorizzazione dei prodotti tipici. E potrebbe creare scompensi nelle diete dei consumatori, insospettiti dal divieto di transito su prodotti fondamentali a un apporto nutritivo corretto. Non è chiaro come risponderà Bruxelles. La commissione interpellata, presieduta da Antonio Tajani, non rilascia commenti perché il problema è in fase d’analisi. In ballo c’è una fetta importante di export per le pmi della gastronomia di qualità. E qualche ingrediente in più nelle abitudini, non invidiabili, della tavola britannica.
Il Sole 24 Ore – 27 luglio 2013