La consulenza: «I tumori a Taranto dovuti alle sigarette negli anni ’70» Il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando ha deciso di convocarlo nelle prossime ore; la senatrice pd Laura Puppato annuncia che chiederà la sua audizione urgente in Commissione Ambiente; M5S, Verdi, Rifondazione e Idv lo invitano a dimettersi; Nichi Vendola dice che «i suoi argomenti sono inaccettabili» e poi ci sono tutti gli altri, un elenco infinito di interventi per sommergerlo di critiche.
Parliamo di Enrico Bondi, ex amministratore delegato dell’Ilva di Taranto che il governo ha poi nominato commissario straordinario dello stabilimento. La polemica che lo ha travolto ieri parte da una lettera e una memoria spedite ai vertici regionali pugliesi qualche giorno fa. Con la lettera Bondi contesta l’Agenzia per la prevenzione e la protezione dell’ambiente e il suo modo di valutare il danno sanitario prodotto dall’Ilva. «I criteri adottati presentano numerosi profili critici» scrive «sia nell’attendibilità scientifica sia nelle conclusioni raggiunte». E per fare chiarezza su queste contestazioni il commissario straordinario allega la memoria firmata dai consulenti dell’Ilva Paolo Boffetta, Carlo La vecchia, Marcello Lotti e Angelo Moretti.
Il fatto è che in quel documento che Bondi fa suo (pubblicato ieri dalla Gazzetta del Mezzogiorno e da Il Fatto Quotidiano) ci sono passaggi di sicuro impatto polemico. Il più evidente è nel paragrafo «Commenti». E dice: «I dati di mortalità per tumori nello Studio Sentieri (quello dell’Istituto superiore di sanità, ndr) si riferiscono al periodo 2003-09. L’incidenza e la mortalità per tumori riflette esposizioni che risalgono a un lontano passato. I tumori al polmone hanno una latenza di 30-40 anni e riflettono essenzialmente esposizioni degli anni ’60-’70, o precedenti. A tale proposito è noto che a Taranto, città portuale, la disponibilità di sigarette era in passato più alta rispetto ad altre aree del sud Italia, dove per ragioni economiche il fumo di sigaretta era ridotto fino agli anni ’70. Inoltre tale eccesso era evidente a Taranto anche nei dati di mortalità negli anni Ottanta e Novanta, e non è quindi attribuibile a esposizioni recenti». E ancora: «L’unico tumore che è chiaramente in eccesso a Taranto è il mesotelioma pleurico. La mortalità per tumore è elevata in grandi città portuali e in generale in presenza di grandi impianti industriali in cui l’amianto è stato utilizzato nel passato. L’esposizione rilevante è quella avvenuta 30 o più anni prima dell’insorgenza della patologia». Altro punto finito sotto accusa: le cause del tumore ai polmoni dei tarantini sono da ricercare nel «fumo di tabacco e nell’alcol nonché nella difficoltà nell’accesso a cure mediche e a programmi di screening».
Una sorta di assoluzione dell’Ilva, in sostanza. E indirettamente anche della famiglia di Emilio Riva, patron dello stabilimento che aveva voluto Bondi come amministratore delegato prima del commissariamento. Non a caso nel coro di critiche di ieri più di una voce ha sollevato il «conflitto di interessi» per i due ruoli ricoperti.
«Perché sono tutti in malafede» valuta l’avvocato di Emilio Riva, Marco De Luca. «E poi perché nessuno vuole provare a considerare nemmeno lontanamente che l’Ilva possa non essere così responsabile come crede la magistratura. Basti pensare che nella perizia sulla quale il giudice Todisco ha fatto affidamento per l’incidente probatorio vengono indicati come attribuibili all’Ilva anche i morti per incidenti stradali o per suicidio».
Giusi Fasano – Corriere della Sera – 15 luglio 2013