Un progetto per orientare alla pet therapy e al soccorso animali salvati dalla strada o da canili in cui vengono maltrattati. Lo psicoterapeuta Nardone: “Reciproco scambio di attenzioni produce benefici”
Da vittime a salvatori, i dolori del canile alle spalle per aiutare l’uomo in difficoltà: è il cammino promosso da Anima Animalis, un progetto orientato a formare alla pet therapy e alle operazioni di soccorso cani sottratti al randagismo o salvati da strutture indegne. Promossa dalla Nardone Watzlawick Onlus in collaborazione con altre associazioni, volontari, singoli professionisti, l’iniziativa punta sui giovamenti della reciproca tutela, saltando le barriere specifiche. Operativa dal gennaio di quest’anno offre a malati di Alzheimer, persone colpite da Asperger, autismo, sindrome di Down, ma pure studenti, anziani, carcerati, l’incontro terapeutico e formativo con gli animali.
“E’ la relazione che cura, pertanto, se questa non si viene a creare come un reciproco scambio di attenzioni, non produrrà effetti di beneficio. Questo aspetto va tenuto a mente costantemente”, spiega lo psicologo e psicoterapeuta Giorgio Nardone, fondatore del Centro di psicoterapia strategica di Arezzo e in questo caso presidente del comitato scientifico, di cui fa parte anche Alessandro Salvini, fondatore della Scuola di terapia sistemica relazionale. “L’animale non è un farmaco, bensì un soggetto con cui stabilire lealtà reciproca e rispetto. Altrimenti non potremmo gioire, né fruire dei benefici di tale relazione”.
Tutti gli animali arruolati provengono da situazioni di prigionia e disagio come quelle inflitte da tanti canili delle nostre regioni, soprattutto meridionali, ma pure da perreras spagnole o rifugi bosniaci. Per molti di loro ci si limita a trovare una buona e controllata adozione controllata in Italia, mentre i più dotati vengono inseriti in un percorso di formazione con volontari psicoterapeuti. “Sei i cani che abbiamo a oggi avviato alla pet therapy, dodici già assegnati alla Protezione civile, mentre dieci sono in formazione. Più di 200 quelli recuperati da situazioni drammatiche e affidati in famiglia”, racconta Cristina Nardone, presidente della Nardone Watzlawick che conta sull’impegno di centoundici volontari tra psicologi e psicoterapeuti e tra le varie attività ha aperto di recente, in collaborazione con il Sert, una casa famiglia a Firenze.
“I nostri volontari sono selezionati in base alle loro precedenti competenze, ad esempio i novanta già psicoterapeuti seguono una formazione specifica presso scuole o enti riconosciuti per diventare operatori di Pet, al pari degli educatori cinofili” aggiunge Pierangelo Greggio, vice presidente della onlus. “L’ultimo passaggio è seguito da Giorgio e Cristina Nardone che insegnano modelli di accoglienza, problem solving e comunicazione strategica utili nella successiva operatività. Fra i cofondatori del progetto molte competenze specifiche; ad esempio Valentina Chiarelli e il golden retriever Tito che lavorano da tempo in una rsa-residenza sanitaria assistita sotto l’egida della Molina Onlus di Varese”.
Primo obiettivo di Anima Animalis è concludere il 2014 con una squadra di cento cani, metà dei quali dedicati alla pet therapy, gli altri alla ricerca di persone disperse. Gli animali selezionati – unica condizione è che la vita precedente non abbia procurato malattie gravi o incurabili – vengono affidati ai rispettivi conduttori, che se ne prenderanno cura fino all’ultimo. A differenza di iniziative in cui la pet therapy prevede la costrizione dei suoi protagonisti, vedi animali prigionieri di vasche e zoo come delfini o elefanti, qui ci si basa rigorosamente sulla naturale disponibilità del cane.
“Non mi stanco di ripeterlo: la serenità è l’elemento cardine di una terapia che porti risultati, soprattutto nell’ambito di una comunicazione che non è verbale. Non esiste alcuna coercizione dell’animale, che in modo spontaneo dimostra le sue propensioni a un rapporto sociale più ampio” dice Giorgio Nardone. “In funzione delle sue caratteristiche, lo si avvia al lavoro con le differenti patologie”. I vantaggi che derivano da compagnia, interazione, stimoli con un’altra specie sono ormai notissimi: “Così numerosi da non poterli riassumere in breve, si pensi solo all’animale che riempie e allunga l’esistenza dell’anziano grazie a una corrispondenza di cure e attenzioni, al giovamento emotivo e di sicurezza personale che un bambino trae dal rapporto con il suo amico a quattro zampe. Sul piano più strettamente medico, numerosi studi dimostrano che chi ha un pet si ammala molto meno di chi ne è privo. Anche sul piano psicologico la sua presenza è fra i migliori stimoli antidepressivi, funziona nelle carceri, per tacere del potenziale delle terapie assistite con animali negli ospedali, benefiche anche nei casi di malattia più gravi”.
Repubblica – 11 luglio 2013