Un taglio di otto milioni di euro all’assistenza domiciliare corrisponde ad assegni di cura più magri e a una riduzione del sostegno finanziario per i servizi dedicati a persone con gravi disabilità.
La delibera 37 del 3 maggio scorso, disegnata dall’assessore regionale ai servizi sociali Remo Sernagiotto (Pdl), mette sul piede di guerra l’opposizione. Ieri, a Palazzo Ferro Fini, i consiglieri Claudio Sinigaglia, Bruno Pigozzo, Stefano Fracasso (Pd), Stefano Peraro (Udc), Pietrangelo Pettenò (Fsv) e Diego Bottacin (Misto) hanno incontrato le associazione dei disabili (Fish, forum per la salute mentale, movimento handicap, Uildm) in previsione di un tavolo tecnico che, assieme a Ulss, sindacati e Comuni, corregga i tasti più dolenti della riforma. «Ci saranno 4,5 milioni in meno per gli assegni di cura: da 56,5 milioni si scende a 52. Considerato che sono circa 46 mila i veneti che sinora li hanno percepiti, la riduzione sarà di 200 euro all’anno pro-capite», spiegano i democratici. «Ma il finanziamento – aggiungono – diminuisce anche per i progetti di vita indipendente e di aiuto personale: da 17, 425 milioni di euro si scende a 15 milioni, con una diminuzione media di 600 euro a persona all’anno. Non da ultimo, per il telesoccorso e la teleassistenza si passa da 7,1 milioni di euro a 6». Altro “nodo” della delibera riguarda la classificazione in cinque tipologie di “impegnative di domiciliarità”: il tetto massimo per i disabili gravissimi che necessitano di assistenza 24 ore su 24, per esempio, è fissato a 800 euro, mentre fino a oggi venivano erogati anche 1500-2000 euro mensili. Per i malati di Alzheimer assistiti a domicilio l’assegno di 581 euro mensili si ridurrà fino a un massimo di 400 euro. Sotto accusa viene posto anche il limite di età di 65 anni per le impegnative di domiciliarità legate alla vita indipendente e all’aiuto personale. «Quando la persona assistita ha compiuto i 65 anni cosa succede? Si passa al ricovero? Con costi magari triplicati?», chiedono i cinque consiglieri del Pd. Ieri, a Palazzo Ferro Fini, era prevista la discussione in commissione. «Prima di riunirci, aspettiamo di assistere alla conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-assistenziale, alla quale, la prossima settimana, parteciperanno tutte le Ulss regionali – spiega Claudio Sinigaglia, vicepresidente della Quinta commissione – La delibera va rivista da cime a fondo: più la esaminiamo e più ci accorgiamo della sua iniquità». «Per il 2014, per esempio, la riduzione delle impegnative di domiciliarità è prevista anche in base a come la popolazione bisognosa è ripartita nelle varie Ulss – continua Sinigaglia – Non possiamo permettere alla Regione di incidere così pesantemente sulle fasce deboli. Dobbiamo rivedere tutto». «Siamo preoccupati. C’è il rischio concreto di smantellare il sistema di assistenza domiciliare, che oggi, per quanto zoppicante, dà comunque risposte alle esigenze di buona parte delle persone sfortunate«, affermano il capogruppo regionale di Italia dei Valori Antonino Pipitone e il suo collega Gennaro Marotta. «Il modello disegnato da Sernagiotto – dichiarano i due consiglieri – è un salto nel buio: non sappiamo quali cure potrà garantire. Speriamo che l’assessore non creda che alcuni assistiti lucrino sui soldi dell’assistenza. Disabili, anziani non autosufficienti, malati di Alzheimer, pazienti con malattie rare sono invece persone in enorme difficoltà, che hanno come unica ancora di salvezza il senso di responsabilità dell’ente pubblico».
La Nuova Venezia – 7 giugno 2013