L’ex segretario della sanità veneta scontò 19 giorni in cella e 66 ai domiciliare. La conclusione del giudice: «I suoi atti non erano contrari ai doveri d’ufficio»
Franco Toniolo è stato un ingenuo a farsi prestare 50.000 euro senza la controprova di una ricevuta ma non doveva essere arrestato. I fatti risalgono al 2006 ma bruciano ancora.
L’ex segretario regionale alla sanità del Veneto ha passato 19 giorni in carcere e altri 66 agli arresti domiciliari del tutto gratuitamente. Lo si legge nelle motivazioni della sentenza con la quale il giudice Raffaele Ferraro e il tribunale l’hanno comunque condannato a 18 mesi lo scorso dicembre. È franato un caposaldo dell’accusa: l’interesse privato del “re delle case di cura” Giuseppe Puntin, che allungava i 50.000 euro a Toniolo, coincideva con l’interesse pubblico: «Gli atti amministrativi adottati non erano contrari ai doveri d’ufficio », scrive il giudice. «Non sono state riscontrate irregolarità nel procedimento».
I 50.000 euro potevano essere al massimo il tentativo di creare un’aspettativa per un favore non ancora individuato.
Si chiama «corruzione impropria antecedente», reato nel quale il tribunale ha «riqualificato» l’impostazione iniziale del pm Paolo Storari.
Ma non prevede l’arresto. Toniolo avrebbe affrontato il processo a piede libero, con la presunzione di innocenza e non avrebbe avuto la carriera spezzata e la vita capovolta. Bella soddisfazione sentirselo dire a circa sette anni e mezzo di distanza.
La vicenda giudiziaria si mette in moto l’ 11 gennaio 2006 a Trento, dove viene arrestato il manager della sanità privata Giuseppe Puntin, insieme alla moglie e al presidente del consiglio comunale di Rovereto Fabio Demattè.
La procura ipotizza un giro di mazzette: Demattè avrebbe ricevuto 10.000 euro dai Puntin per agevolare l’ampliamento di una casa di cura di loro proprietà. In casa di Puntin la guardia di finanza sequestra appunti e registrazioni volanti che sembrano alludere ad altre mazzette.
Il Gip di Trento decide gli arresti per «l’abitudine dello stesso Puntin e della moglie di gestire i rapporti con la pubblica amministrazione attraverso dazioni illecite». A dimostrazione cita dieci fogliettini con cifre diverse, tutti siglati «F.F. Lanza», per un totale di 41.795 euro, trovati in casa dei Puntin: «Cercando di dare un significato alle annotazioni, si rileva che Lanza Franco, nato a Cerea il 10 maggio 1946, è dirigente dell’Asl 21 di Legnago». Invece «F.F. Lanza» voleva dire «fattura fuorisacco Lanza » e questo Lanza noti era un dirigente dell’Asl 21 ma il macellaio che riforniva di carne una casa di cura di Peschiera, di cui era titolare Puntin. Una cantonata degli inquirenti. Lo si scoprirà più tardi. Buon per Franco Lanza (primario dell’ospedale di Legnago e non dirigente dell’Asl) che ha un fratello in magistratura, grazie al quale riesce a chiarire subito l’equivoco.
Tra i bigliettini ce n’è anche uno che recita «50.000 a To». Per la procura potrebbe trattarsi dell’assessore regionale del Veneto Flavio Tosi o in alternativa del segretario regionale alla sanità Franco Toniolo. L’ordinanza del Gip recepisce la sconcertante ipotesi (dei due uno!) e sui giornali comincia una caccia a «Mister To». Si propende per l’uomo politico: Flavio Tosi respinge sdegnato e controaccusa, il presidente della giunta regionale veneta Giancarlo Galan gli consiglia di querelare la procura di Trento.
Mentre tutti si aspettano una tangentopoli della politica veneta, viene arrestato Franco Toniolo: interrogato, ha subito ammesso di aver ricevuto 50.000 euro da Puntin ma parla di un prestito. Cosa confermata da Puntin in carcere.
Purtroppo ha solo prove indirette, nessuna formale ricevuta che lo attesti. Per la procura i 50.000 sarebbero invece il prezzo di un favore che la Regione si sta apprestando a concedere a Puntin: trasferire i 50 posti letto della sua casa di cura Chierego Perbellini di Verona nell’ospedale di Zevio, invece che in quello di Marzana, originariamente previsto. Per la cronaca questo trasferimento, proposto dall’assessore Tosi e non da Toniolo, non è mai avvenuto. Ma se anche ci fosse stato, sappiamo adesso che era in linea con gli indirizzi della programmazione regionale.
Naturalmente Toniolo ha restituito i 50.000 euro a Puntin con gli interessi concordati, visto che erano un prestito.
Il tribunale invece li ha confiscati, perché considera fondata la corruzione impropria, benché Toniolo non abbia compiuto l’atto. Ciliegina sulla torta: le motivazioni della sentenza sono state depositate a metà marzo, un mese e mezzo dopo che è scattata la prescrizione. La sorte del processo d’appello pare segnata.
di Renzo Mazzaro – Il Mattino di Padova – 2 giugno 2013