Traguardo più lontano: i requisiti sono già saliti di altri tre mesi. E il contributivo per tutti fa sentire i suoi effetti
DI DOMENICO COMEGNA. Più flessibilità nell’età del ritiro, introduzione di una «staffetta generazionale» e soluzione definitiva del problema degli esodati. Questo, in sintesi, il programma del nuovo governo in tema di previdenza. La riforma Fornero, quindi, potrebbe essere ammorbidita lasciando al lavoratore la possibilità di ritirarsi ad un’età minima di 62 anni, con nuove penalizzazioni, ma soprattutto attraverso il meccanismo della staffetta generazionale. Ai lavoratori cui mancano 5 anni per raggiungere i requisiti per il pensionamento, saranno offerte forme di part time con la garanzia della contribuzione piena, in modo tale che il minor orario di lavoro non incida sull’importo dell’assegno pensionistico. Il pagamento dei contributi resterebbe a carico della fiscalità generale sempre che l’azienda si impegni, per ciascun lavoratore interessato dalla riduzione di orario, all’assunzione di un giovane. Ovviamente bisognerà vedere se si troveranno le coperture finanziarie necessarie.
Nell’attesa, meglio approfondire la riforma Monti- Fornero e i suoi requisiti, già rivisti a un anno dalla sua entrata in vigore. Per capire il proprio percorso previdenziale si può leggere il libro «Tutto Pensioni 2013» in edicola con il Corriere (vedi box).
Demografie
Nel 2013 ha debuttato il meccanismo che aggancia tutti i requisiti anagrafici alle statistiche sulle speranze di vita. Come previsto dalla legge il primo scalino è di tre mesi che si aggiungono ai già pesanti requisiti della Monti-Fornero. Ridotti dal 2013 anche i coefficienti per il calcolo contributivo.
Meccanismi di calcolo
Dal 1° gennaio 2012 è stato introdotto, con il meccanismo del pro rata, il metodo di calcolo contributivo anche ai lavoratori salvati dalla legge Dini del 1995, cioè coloro che a quella data avevano almeno 18 anni di contributi, e che hanno beneficiato finora del criterio retributivo. Per l’anzianità maturata fino al 2011 continuerà ad applicarsi il regime retributivo. Quest’anno le pensioni dei lavoratori più anziani vengono liquidate con una piccola quota determinata con il criterio contributivo.
Vecchiaia
L’età di pensionamento delle donne è stata alzata dal 2012 a 62 anni per le dipendenti del privato, a 63 e sei mesi per le autonome. Con l’aggancio alle speranze di vita questi limiti sono già saliti dal 2013 a 62 anni e tre mesi e a 63 anni e 9 mesi.
L’equiparazione dell’età delle donne a quella degli uomini (66 anni) avverrà entro il 2018, sempre tenendo conto della variazione della speranza di vita.
Il limite di età per la vecchia degli uomini è stato portato a 66 anni; in pratica è stata integrata ai vecchi 65 anni la finestra (attesa di 12 mesi per riscuotere), senza ulteriori peggioramenti. Anche in questo caso dal 2013 però si sono aggiunti altri tre mesi (66 anni e 3 mesi quindi).
Anzianità
La pensione di anzianità così come l’abbiamo conosciuta, quella che si incassava con 35 anni di contributi e una determinata età (60 e/o 61 anni nel 2011) o con 40 anni di contributi indipendentemente dalle risultanze anagrafiche, è stata eliminata. Nel 2013 l’accesso anticipato alla pensione continua ad essere consentito, ma con un’anzianità di 42 anni e 5 mesi per gli uomini e di 41 anni e 5 mesi per le donne, requisiti anch’essi indicizzati alla longevità. Sono stati introdotte penalizzazioni percentuali (1% per ogni anno di anticipo rispetto a 62 anni, 2% l’anno oltre i due anni di anticipo) sulla quota retributiva dell’importo della pensione, tali da costituire un effettivo disincentivo al pensionamento anticipato rispetto a quello di vecchiaia. In pratica la pensione piena, se non si raggiungono i requisiti per la vecchiaia, spetterà solo con 42 anni (e altri mesi) di contributi e 62 anni di età e qualche mese.
Indicizzazione
Un altro anno di dieta. Anche nel 2013 il recupero dell’inflazione (più 3%) è stato riconosciuto solo a chi ha un assegno non superiore a tre volte il trattamento minimo (1.440 euro). Oltre questa soglia le pensioni sono rimaste ferme.
Il Corriere della Sera – 20 maggio 2013