Dopo diversi attacchi esterni o messe in discussione della propria base scientifica, EFSA ha deciso di passare al contrattacco, rispondendo nel merito. EFSA ribatte alle accuse.
Certamente una meritoria operazione di trasparenza che può solo avvantaggiare tutti, contribuendo ad un dialogo nuovo e nel pieno spirito di apertura che da alcuni anni è davvero diventato più tangibile (due esempi concreti: le rinnovate modalità di pubblicazione dei risultati delle Consultazioni Pubbliche; il coinvolgimento di cittadini nei lavori dei Panel scientifici).
EFSA prosegue quindi una crescita che va a definire quello che è diventata attualmente: l’Authority europea con il maggior livello di indipendenza e trasparenza tra quelle UE, come certificato anche da pareri indipendenti esterni (Ernst&Young). Certo il percorso per arrivare a questi risultati non è stato facile, e ha visto scontri anche difficili con le istituzioni comunitarie (Parlamento Europeo) e con Organizzazioni Non Governative, consumatori e anche altri soggetti. Coldiretti ha fatto sentire la propria voce nei casi di interesse, contribuendo a diverse Consultazioni Pubbliche, e dopo aver contribuito attivamente a migliorare la policy di trasparenza delle stesse.
L’Authority si prende quindi un’occasione per intervenire su diversi temi al centro delle maggiori controversie scientifiche degli ultimi anni: dall’aspartame, al bisfenolo, agli health claims, fino agli OGM e a casi critici (lo studio cd “Seralinì” dello scorso settembre); nonché aspetti più strettamenti “corporate” (indipendenza dei ricercatori, selezione del personale).
Se sicuramente è benvenuto tutto ciò che aumenta il confronto, ci sembra opportuno avanzare alcune riflessioni e nel caso distinzioni. Sembrano infatti esserci alcuni errori di prospettiva in questo reciproco sospetto tra Scienza e Società. Alcune accuse a EFSA infatti sono dovute a più generali aspetti della scienza contemporanea. Mentre allo stesso tempo, alcune tesi difensive di EFSA non sembrano distinguere adeguatamente chi le muove. Il che ha un suo peso. Vediamo perchè.
Effetto di prospettiva 1: chi mette in discussione i pareri EFSA?
Non possono essere messe sullo stesso piano e sulla stessa linea del’orizzonte critiche tanto diverse e provenienti da fonti tanto diverse. Un conto è quindi ribattere a critiche dell’industria: ricordiamo gli attacchi di Syngenta per i neonicotinoidi, di Monsanto sulla pubblicazione dei dati per lo studio Seralinì , magari con azioni legali minacciate. Qui i conflitti di interesse dei soggetti economici sono evidenti, e pressioni di questo tipo vanno assolutamente rigettate nel nome dell’interesse comune dei taxpayers europei. Soprattutto quando sono state fatte a tutti gli effetti delle pesanti minacce legali o intimidazioni.
Simile il discorso sulle indicazioni nutrizionali e salutistiche. EFSA ha rigettato negli anni diverse migliaia di messaggi promozionali di questo tipo, considerati non sufficientemente fondati rispetto ai requisiti scientifici richiesti (peraltro molto più rigidi di quelli esistenti in qualsiasi altra parte del mondo). Bene ha fatto quindi la Direttrice della Comunicazione EFSA, Anne Laure Gassin, ha sottolineare che “EFSA ha a cuore la salute ed il benessere dei cittadini europei, non ha altri obiettivi”, lo scorso novembre 2012 a Parma, in occasione di un incontro organizzato in occasione del decimo anniversario della nascita dell’Authority.
Casi diversi sono invece quelli dell’aspartame (laddove EFSA si è mossa in ritardo e con una lentezza eccessiva), o dello scontro con la Corte di Giustizia europea per il conflitto di interessi di alcuni membri dei Panel (o sulle modalità di selezione del personale). Come quello circa alcuni ricercatori del Panel OGM, che avrebbero partecipato- nello stesso tempo in cui dovevano valutare la sicurezza delle varietà vegetali- a programmi o studi finanziati dalle stesse multinazionali. Tali casi vedono un coinvolgimento più attivo di ricercatori indipendenti, ONG e soggetti senza un diretto interesse economico ad una valutazione piuttosto che un’altra. Certo, ogni organizzazione una volta dotata di scopi e struttura persegue fini che diventano la propria ragione d’essere. Così come il protagonismo dei ricercatori non può sempre essere sottovalutato. E come esistono certamente anche altri fattori oltre a quelli economici che indicano “interessi”. Ma il “follow the money”, nell’era della produzione industriale della scienza, rimane un monito da non trascurare o prendere troppo alla leggera.
Ma vi è un ulteriore e più raffinato “errore” di prospettiva che non può essere imputato a nessuno, se non alle dinamiche inerenti della scienza.
Effetti di prospettiva 2: chi porta l’onere della prova? (o l’’“Effetto tabacco”)
Potremmo chiamarlo effetto tabacco: per proibire il fumo, arrivando alle conclusioni scientifiche “definitive” di un suo legame causa-effetto con diversi tipologie di cancro e malattie cardiovascolari- si sono dovuti susseguire 50-60 anni di studi. Questo è dovuto- anche in caso di sostanze evidentemente tossiche- alle difficoltà inerenti alla progettazione sperimentale degli studi, alle fallacie delle evidenze epidemiologiche (che richiedono popolazioni di centinaia di migliaia di soggetti e decenni di dati), e a tutta una serie di altri “fattori di confondimento” che portano il metodo scientifico a procedere per piccoli passi prima di arrivare a stabilire chiare relazioni “validate”. Il rigetto di una valanga di health claims indica esattamente questo, anche se il focus è là su alimenti sani e non su sostanze pericolose: l’assenza di prova non è prova dell’assenza.
Con buona pace del principio di precauzione, però, la distribuzione di prodotti su larga scala continua (come per l’aspartame oggi in Europa) finchè una rivalutazione scientifica non viene espressa.
E purtroppo, finché non vi è una prova definitiva, l’apparato organizzativo scientifico non è titolato a esprimersi. O a dare suggerimenti per cambiare la normativa in materia. E’ quello che oggi sta accadendo anche sul bisfenolo A ad esempio. O sul ruolo degli zuccheri nel favorire l’insorgenza di determinate malattie. Grandi tecnostrutture (come EFSA) tenute a valutare la “totalità dell’evidenza disponibile”, arrivano a conclusioni necessariamente lente, con un ritardo temporale anche importante, e che sembra mal conciliarsi con le esigenze di sicurezza della salute generale.
In ogni caso, quel che conta è farsi la domanda: “chi reca l’onere della prova”? Solo se inquadriamo la faccenda in questi termini ci rendiamo conto che EFSA in molti casi non è né a favore né contro l’industria, semplicemente deve arrivare a dimostrare sulla scorta dell’evidenza disponibile.
Nel caso di dover dimostrare la tossicità di sostanze, l’effetto prospettico è “EFSA è a favore dell’industria”. Nel caso di dover dimostrare la salubrità, l’effetto è esattamente l’opposto: “EFSA è contro l’industria”.
Ma il principio di fondo rimane “si fatica a dimostrarlo”, e l’istruttoria rimane la stessa. Siccome però la maggiore parte delle valutazioni riguardano la sicurezza, perché EFSA non boccia sistematicamente ad esempio gli OGM? Questa è una domanda naturale: dal momento che le dinamiche scientifiche richiedono ad EFSA di essere un “giudice severo”, come appena evidenziato, verrebbe da chiedersi come mai su molte “applicazioni” (o richieste di commercializzazione industriale) EFSA sembri stendere un tappeto rosso. E arriviamo allora al terzo effetto prospettico.
Effetto prospettico 3: la destinazione è la strada (e la mappa è il territorio)
In diversi casi, l’industria è stata attivamente coinvolta nella costruzione delle metodologie di valutazione pre-commercializzazione (la strada). E’ il caso degli OGM ad esempio, dove da almeno 30 anni le grandi corporations hanno fatto-co-evolvere il contesto normativo e di valutazione del rischio con il rilascio sul mercato e nell’ambiente di tali varietà. In casi come questo, il risultato finale (la “destinazione”) coincide con il percorso costruito nel tempo dagli stessi soggetti interessati e sviluppatori della tecnologia (“la destinazione è la strada”). Le corporation hanno contribuito a costruire la mappa su cui il valutatore scientifico di ultima istanza si muove! Un caso simile anche se più recente riguarda quello su una nuova valutazione del rischio per le sostanze senza una dimostrata cancerogenicità, il cosiddetto sistema delle “Soglie di Preoccupazione Tossicologica” (TTC- Coldiretti ha mandato propri commenti).
Una volta che una tecnologia è affermata e stabilita scientificamente avrà dei costi anche sociali e di mercato di “conversione” che porteranno inevitabilmente a aumentare la resistenza anche diffusa (dei consumatori) per il ritiro di tecnologie ormai considerate come parte del quotidiano. I fautori della libertà di scelta hanno campo per dispiegare il proprio battage, e inserire una valutazione strettamente scientifica in un più ampio contenitore sociale, etico e di diritti dei cittadini. Tale situazione è quella che si è verificata guarda a caso col tabacco. O con l’aspartame (nel nome del “non rinuncio a cibi light”).
Diversamente, questo non è successo con gli health claims, dove la Commissione ed EFSA erano già attive e avevano già creato una propria strada e un territorio, sul quale gli attori privati hanno potuto esercitare una minore influenza. Questo-unitamene al discorso dell’onere della prova (effetto prospettico numero 2).
Inoltre, vi è un fattore più dozzinale ma altrettanto importante che giustifica questo errore di prospettiva: sappiamo esistere una correlazione forte tra proprietà dei dati ( chi li produce) e risultati. Come ANSES (Agenzia francese che si occupa di sicurezza alimentare, ambientale e del lavoro) ha messo recentemente in evidenza, l’industria tende a produrre risultati scientifici a essa favorevoli. E’ questo un dato di fatto che pochi osano seriamente mettere in discussione.
Come ultime considerazioni, va sottolineato che EFSA è nata da soli 10 anni. E non è nata nel vuoto, ma in un contesto politico, istituzionale, di mercato già sviluppato e che ha costituito dei “vincoli”. Inoltre EFSA ha dimostrato una prova incredibile di adattamento e flessibilità, rare per una organizzazione dotata di inerzia strutturale di questo tipo. Ben venga il chiarimento di EFSA. E il più grande incoraggiamento per proseguire su un percorso che tuteli sempre al meglio i consumatori, trovando il bilanciamento tra gli interessi anche legittimi di tutti gli stakeholders. Nel nome degil “effetti prospettici”, elencati, bisognerà essere consapevoli che molti problemi ad essa imputati fino ad oggi sono in realtà più ampie difficoltà di sistema: che derivano dall’interazione con il più ampio ambiente industriale e scientifico (o normativo) e che richiedono una soluzione su più vasta scala.
sicurezzaalimentare.it – 18 maggio 2013