Daniele Franco neo Ragioniere generale. Ex-Banca d’Italia, sostituirà Canzio
VENEZIA — Il titolo magari può far sorridere, riportando alla mente lo sfortunato ed impacciato Ugo Fantozzi. Ma il potere, quello è da famigerato visconte Cobram. Lo sanno bene i «poveri » ministri, fustigati e maltrattati ad ogni decreto e proposta di legge, che difatti odiano il Ragioniere generale dello Stato almeno tanto quanto nel film di Paolo Villaggio i dipendenti della Megaditta odiavano il successore del direttore ereditario. Perché è lui, il Ragioniere con la maiuscola, a reggere i cordoni della borsa dello Stato ed a sentenziare di volta in volta nell’esecutivo: questo passa, questo no. Ebbene, per il ruolo tanto impopolare quanto essenziale per la tenuta dei conti pubblici italiani, il consiglio presieduto dal premier Enrico Letta ha nominato un bellunese, Daniele Franco. Sarà il «guardiano del rigore».
Nato a Trichiana il 7 giugno del 1953, una laurea in Scienze politiche all’Università di Padova, due master (il primo in organizzazione aziendale alla Fondazione Cuoa, il secondo in scienze economiche all’Università di York), Franco entra in Banca d’Italia a 27 anni, al Servizio studi, e praticamente non ne esce più, salendo fino al gradino di direttore dell’area Ricerca economica e relazioni internazionali. Ora passa alla guida del dipartimento del ministero dell’Economia chiamato a vigilare sulla finanza pubblica e sulla spesa sociale, sui rapporti finanziari con l’Unione europea e su qualunque tipo di trasferimento (anche a favore degli enti locali) a carico del bilancio dello Stato. Sarà, dunque, uno dei Grand Commis che a detta di molti analisti (ed anche di molti ministri) sono i veri «padroni dell’Italia», avendo nelle mani le redini di quella ingarbugliata burocrazia che per quanti sforzi si facciano, resta impenetrabile ai più. Quei dirigenti, secondo l’economista Francesco Giavazzi, che «hanno l’interesse a rendere il funzionamento dei loro uffici il più opaco e complicato possibile, in modo da essere i soli a poterli far funzionare». Lo stipendio? Ammontava a 560 mila euro lordi all’anno ma è sceso a 257 mila dopo la sforbiciata contenuta nel «Salva-Italia» che ha imposto l’adeguamento dei top manager pubblici al Primo presidente della Corte di cassazione.
Il neo ministro Fabrizio Saccomanni, ex direttore generale della Banca d’Italia, è andato dunque a pescare tra i suoi ex collaboratori in via Nazionale per completare la squadra che dovrà affiancarlo nell’avventura politica inziata con Letta. Un team che segna una totale discontinuità rispetto all’era di Giulio Tremonti e che vede già Daniele Cabras, che fu capo della struttura tecnica della commissione Bilancio, come Capo di gabinetto al posto dell’influente (e assai discusso) Vincenzo Fortunato, il magistrato contabile Luigi Caso alla direzione dell’ufficio legislativo al posto di Giuseppe Chinè, e Francesco Frettoni in procinto di ricoprire l’analogo incarico al Dipartimento Finanze al posto di Italo Volpe. Non tutte le principali caselle, comunque, sono state coperte. Saccomanni ha infatti spiegato nei giorni scorsi di voler portare al ministero dell’Economia anche l’ex sottosegretario Vieri Ceriani. Soddisfazione per la chiamata di Franco nel ruolo che fu di Mario Canzio e di Vittorio Grilli è stata espressa ieri dalla Fondazione Cuoa («Siamo orgogliosi che un nostro alumnus sia stato nominato per ricoprire un ruolo così delicato e di prestigio») e da Confindustria Belluno, che pure si dice orgogliosa: «Abbiamo avuto modo di conoscerlo personalmente e di apprezzarne la lucidità di pensiero e il profilo umano davvero squisito – dice il presidente Giandomenico Cappellaro -. La sua carriera lo ha portato lontano da Belluno ma sappiamo che è rimasto sempre molto legato alla sua terra d’origine per la quale negli anni ha continuato a dimostrare interesse e dalla quale ha mutuato le doti caratteriali di semplicità e di disponibilità che ancora mantiene. Il governo ha scelto una persona di grande spessore professionale e di notevole competenza».
Marco Bonet – Corriere
Il governo chiama un bellunese al timone dei conti dello Stato
Daniele Franco neo Ragioniere generale. Ex-Banca d’Italia, sostituirà Canzio
VENEZIA — Il titolo magari può far sorridere, riportando alla mente lo sfortunato ed impacciato Ugo Fantozzi. Ma il potere, quello è da famigerato visconte Cobram. Lo sanno bene i «poveri » ministri, fustigati e maltrattati ad ogni decreto e proposta di legge, che difatti odiano il Ragioniere generale dello Stato almeno tanto quanto nel film di Paolo Villaggio i dipendenti della Megaditta odiavano il successore del direttore ereditario. Perché è lui, il Ragioniere con la maiuscola, a reggere i cordoni della borsa dello Stato ed a sentenziare di volta in volta nell’esecutivo: questo passa, questo no. Ebbene, per il ruolo tanto impopolare quanto essenziale per la tenuta dei conti pubblici italiani, il consiglio presieduto dal premier Enrico Letta ha nominato un bellunese, Daniele Franco. Sarà il «guardiano del rigore».
Nato a Trichiana il 7 giugno del 1953, una laurea in Scienze politiche all’Università di Padova, due master (il primo in organizzazione aziendale alla Fondazione Cuoa, il secondo in scienze economiche all’Università di York), Franco entra in Banca d’Italia a 27 anni, al Servizio studi, e praticamente non ne esce più, salendo fino al gradino di direttore dell’area Ricerca economica e relazioni internazionali. Ora passa alla guida del dipartimento del ministero dell’Economia chiamato a vigilare sulla finanza pubblica e sulla spesa sociale, sui rapporti finanziari con l’Unione europea e su qualunque tipo di trasferimento (anche a favore degli enti locali) a carico del bilancio dello Stato. Sarà, dunque, uno dei Grand Commis che a detta di molti analisti (ed anche di molti ministri) sono i veri «padroni dell’Italia», avendo nelle mani le redini di quella ingarbugliata burocrazia che per quanti sforzi si facciano, resta impenetrabile ai più. Quei dirigenti, secondo l’economista Francesco Giavazzi, che «hanno l’interesse a rendere il funzionamento dei loro uffici il più opaco e complicato possibile, in modo da essere i soli a poterli far funzionare». Lo stipendio? Ammontava a 560 mila euro lordi all’anno ma è sceso a 257 mila dopo la sforbiciata contenuta nel «Salva-Italia» che ha imposto l’adeguamento dei top manager pubblici al Primo presidente della Corte di cassazione.
Il neo ministro Fabrizio Saccomanni, ex direttore generale della Banca d’Italia, è andato dunque a pescare tra i suoi ex collaboratori in via Nazionale per completare la squadra che dovrà affiancarlo nell’avventura politica inziata con Letta. Un team che segna una totale discontinuità rispetto all’era di Giulio Tremonti e che vede già Daniele Cabras, che fu capo della struttura tecnica della commissione Bilancio, come Capo di gabinetto al posto dell’influente (e assai discusso) Vincenzo Fortunato, il magistrato contabile Luigi Caso alla direzione dell’ufficio legislativo al posto di Giuseppe Chinè, e Francesco Frettoni in procinto di ricoprire l’analogo incarico al Dipartimento Finanze al posto di Italo Volpe. Non tutte le principali caselle, comunque, sono state coperte. Saccomanni ha infatti spiegato nei giorni scorsi di voler portare al ministero dell’Economia anche l’ex sottosegretario Vieri Ceriani. Soddisfazione per la chiamata di Franco nel ruolo che fu di Mario Canzio e di Vittorio Grilli è stata espressa ieri dalla Fondazione Cuoa («Siamo orgogliosi che un nostro alumnus sia stato nominato per ricoprire un ruolo così delicato e di prestigio») e da Confindustria Belluno, che pure si dice orgogliosa: «Abbiamo avuto modo di conoscerlo personalmente e di apprezzarne la lucidità di pensiero e il profilo umano davvero squisito – dice il presidente Giandomenico Cappellaro -. La sua carriera lo ha portato lontano da Belluno ma sappiamo che è rimasto sempre molto legato alla sua terra d’origine per la quale negli anni ha continuato a dimostrare interesse e dalla quale ha mutuato le doti caratteriali di semplicità e di disponibilità che ancora mantiene. Il governo ha scelto una persona di grande spessore professionale e di notevole competenza».
Marco Bonet – Corriere Veneto – 18 maggio 2013