La Regione impone all’azienda di ridurre i costi, i sindaci chiedono di non impoverire gli ospedali territoriali: «Non saranno soppressi reparti né verranno ridotte le prestazioni. Taglieremo i costi riorganizzando gli uffici e rivedendo le spese»
Legnago. Dieci milioni di euro. A tanto ammonta il risparmio che dovrà ottenere l’Ulss 21 quest’anno sul suo budget. Queste le ultime direttive impartite dalla Regione a Massimo Piccoli, direttore generale dell’azienda sanitaria che serve 25 Comuni della Bassa. Il dirigente sa che raggiungere tale obiettivo sarà arduo, visto che, con i suoi 156mila residenti, l’Ulss legnaghese è la più piccola unità socio sanitaria veronese. A tutto ciò si aggiunge la richiesta dei sindaci di non impoverire le strutture sanitarie esistenti, in primis gli ospedali di Legnago, Bovolone, Zevio ed il centro sanitario polifunzionale di Nogara. Qualche giorno fa, il sindaco di Zevio Diego Ruzza, ha anche minacciato il passaggio del Chiarenzi all’Ulss 20 di Verona, qualora la Regione avesse intenzione di far sparire gli 80 posti letti di riabilitazione attivi al suo interno. «Non saranno soppressi reparti nella nostra Ulss», assicura subito Piccoli, «nè verrà ridotta la qualità delle prestazioni. Per risparmiare, cercheremo di abbassare i costi dell’intero apparato, riorganizzando uffici e rivedendo al ribasso gli esborsi allo scadere di contratti per forniture, servizi e appalti». Quindi evidenzia: «Abbiamo appena rinnovato una convenzione con un centro privato: le nuove condizioni concordate ci hanno consentito di risparmiare un milione». Sulle uscite, il dg spiega: «Ogni anno, la spesa complessiva è attorno ai 300 milioni, di cui 120 sono assorbiti dagli ospedali di Legnago, Zevio e Bovolone. Altri 170 milioni sono destinati a forniture farmaceutiche, a rimborsi per prestazioni della mobilità passiva, ovvero di quei residenti che si fanno curare in altre Ulss e ad altro». Proprio sul «rientro» dei pazienti all’interno dei confini della 21, il dg gioca l’altra carta a disposizione. «Con l’incremento dei flussi nelle nostre strutture, otterremo un incremento degli incassi». Sulla «spending review» il direttore puntualizza: «Venezia ci ha chiesto di ridurre il deficit da nove a sei milioni di euro. Dal riparto dei fondi regionali, inoltre, riceveremo 7,8 milioni in meno. La quota riconosciutaci, di fatto, è scesa da 1.554 a 1.516 euro pro capite». L’esigenza di salvaguardare comunque i presidi sanitari della 21 è stata ribadita a gran voce durante l’assemblea «contro la desertificazione sanitaria» della Bassa e del Medio veronese, organizzata dal Pd legnaghese laltra sera a Palazzo di vetro. «Una riduzione dei letti», ha riferito Clara Scapin, consigliere provinciale del Pd, «è accettabile. Per contro, però, va rafforzata l’assistenza dei medici di famiglia sul territorio. Inoltre, i posti per i degenti vanno ridistribuiti sul territorio». «Ogni struttura», ha affermato Paolo Marconcini, presidente della Conferenza dei sindaci dell’Ulss 21, «va tutelata, compresa quella di Zevio. Il territorio da tempo ha avviato la razionalizzazione chiesta dalla Regione». «La salute», gli ha fatto eco Roberto Rettondini, sindaco di Legnago, «non deve avere un colore politico». Ruzza, sindaco di Zevio, ha chiarito: «Non pretendiamo la riattivazione di tutto il Chiarenzi, ma la ristrutturazione di un’ala. Diversamente, non potrò pretendere che i miei concittadini si rivolgano a Legnago, con Borgo Roma e San Bonifacio a due passi». Preoccupazioni sono state espresse dai sindacati. «L’alta mobilità verso altre Ulss», ha detto Pierangelo Rovere della Cgil, «è provocato dall’impoverimento, tuttora in corso, di servizi e prestazioni, accentrate a Verona». «Risparmiare è possibile», ha ribadito Sante Olivato, coordinatore delle rappresentanze sindacali del personale non medico dell’Ulss, «ma senza collegare i servizi tra loro, le fughe di pazienti verso altre aree della provincia aumenteranno».
L’Arena – 7 aprile 2013