Potenza delle metafore. Il meteo domenicale prevede intense precipitazioni a Pontida e le probabilità che il “pratone” leghista si trasformi in palude sono elevate. Assai più delle chance di tregua tra le correnti padane che, c’è da scommetterci, approfitteranno della vetrina per una prova muscolare, scandita magari da contestazioni e sberleffi ai leader rivali. Tant’è.
Dal Veneto partiranno una trentina di pullman imbandierati di verde e molti militanti raggiungeranno la meta bergamasca in auto o in treno: 2500 in marcia, secondo le stime della vigilia. Neanche male, commentano gli organizzatori che, alla luce della batosta elettorale e dei veleni che serpeggiano nelle sezioni, temevano il flop. Ma non tutto fila liscio: alla scelta di anticipare Pontida (tradizionale appuntamento di fine giugno ai tempi di Bossi) fa eco l’assenza del programma politico della giornata. Vane le telefonate dei dirigenti al quartier generale di via Bellerio: i tempi e la successione degli interventi dal palco non sono ancora stati definiti; saranno comunque posticipati al primo pomeriggio su esplicita richiesta di Luca Zaia e Flavio Tosi, impegnati in mattinata all’inaugurazione del Vinitaly di Verona. A proposito. Qualcuno sussurra che il governatore e il sindaco-segretario potrebbero raggiungere Pontida insieme, approfittando del viaggio per dissipare equivoci e screzi del recente passato. Pia illusione. La collisione tra i cavalli di razza padana non è figlia del chiacchiericcio mediatico né risponde a calcoli di breve periodo. Riflette, invece, una divaricazione di linea politica sempre più evidente. Perché Zaia, fautore di un federalismo “spinto” sul piano istituzionale e di un approccio laburista alle questioni sociali, guarda alla macroregione Veneto-Lombardia-Piemonte-Friuli come all’embrione di un’autonomia nordista collocata nella cornice europea e scommette sul ruolo dirigente della Lega in questo processo. Mentre Tosi giudica illusori i progetti di egemonia del Carroccio e teorizza esplicitamente la nascita della “balena verde” cioè alla costruzione di un ventaglio “civico” di forze moderate, liberali e cattoliche dove la Lega rappresenti un soggetto importante ma, in definitiva, non esclusivo né primario sul piano del consenso; è il “modello Verona”, sì, che tanto entusiasma Bobo Maroni. Percorsi distinti, che si incrociano – meglio, collidono – nell’attività istituzionale e di partito. Tosi ribadisce che non intende candidarsi alla presidenza della Regione nel 2015 ma Zaia non sembra convinto che il veronese desisterà dalla corsa e avverte la pressione degli assessori tosiani (Conte, Stival, Coletto, Finozzi) sulla giunta di Palazzo Balbi. Il segretario, poi, ha deciso di adottare il pugno di ferro verso gli oppositori interni: viste inutili le lettere di richiamo, ha convocato per sabato 13 aprile un consiglio nathional che sancirà espulsioni, declassamenti di iscritti (da militante con pieni diritti a semplice socio) e sospensioni. Svariati i nomi finiti sulla black list: il più scontato è quello dell’ultrà bossiana Paola Goisis (non hai riconosciuto la leadership dei “barbari”) ma sul banco degli imputati finiranno anche i dirigenti veneziani rei di avere accolto a suon di insulti il commissario Leonardo Muraro, costringendolo a un malinconico dietrofront.
Il Mattino di Padova – 5 aprile 2013