Riportiamo per dovere di cronaca l’articolo uscito il 3 aprile sull’Arena. Aggiungendo però una considerazione doverosa. Ben conoscendo il percorso a monte di tutta questa vicenda ci auguriamo venga fatta chiarezza al più presto. Siamo certi che il collega saprà dimostrare la sua totale estraneità alle accuse e di aver agito nel pieno rispetto delle regole in una situazione peraltro di grande complessità. (il Sivemp Veneto)
Per il pm gli esiti erano noti nel 2008 ma non lo comunicò ai sindaci. Affronterà il dibattimento il dottor Alessandro Salvelli, responsabile per il Garda
L´emergenza per la presenza di valori di diossina elevati riscontrati su tre dei quattro campioni prelevati su anguille pescate nel lago di Garda scattò nel febbraio 2011 ma per la procura già nell´agosto 2008 erano note le analisi — effettuate nel 2007 — dalle quali «si rilevava il superamento dei cosiddetti livelli di azione». E sulla base di ciò il sostituto procuratore aveva chiesto il rinvio a giudizio per il dottor Alessandro Salvelli, il dirigente veterinario responsabile dell´Ulss 22 che comprende il territorio del lago di Garda, ritenendo che avesse omesso «di compiere tempestivamente un atto del proprio ufficio». E questa, omissione d´atti d´ufficio, è l´accusa della quale il medico dovrà rispondere davanti al collegio presieduto da Marzio Bruno Guidorizzi: ieri il giudice dell´udienza preliminare Isabella Cesari ha infatti accolto la richiesta del pm e stabilito che l´intera vicenda sarà sviscerata nel corso del dibattimento. Una vicenda nella quale entrano comunicazioni fornite alle tre Regioni che insistono sul Garda, le decisioni del Ministero della Salute, il mancato blocco immediato, da parte della Lombardia, della pesca alle anguille sulla sponda bresciana (fu vietata nel settembre 2011) e i controlli che, per gli avvocati Francesco Delaini e Giovanni Biondaro che assistono Salvelli, vennero chiesti dal medico ma «snobbati» fino ad arrivare a rimpalli tra Enti competenti.
Nessun rito alternativo e quindi al momento resta la ricostruzione della procura, e cioè che il responsabile del servizio veterinario «omise di comunicare, per poi proporre le conseguenti ordinanze, ai sindaci della costa veronese del lago di Garda e al presidente della Regione Veneto, l´avvenuto superamento dei limiti», recita l´imputazione, «stabiliti dalla Raccomandazione della Commissione CE del 6 febbraio 2006 nei pesci del lago di Garda (successivamente nelle anguille)». In tal modo, per l´accusa, non furono avviate le procedure per l´emanazione di ordinanze di divieto o limitazione della pesca e del consumo del pesce contaminato».
E a sostegno dell´accusa, la procura obietta che i risultati erano noti nel 2008 (ovvero il superamento dei livelli di azione) e ciò rendeva obbligatorio «avviare indagini per individuare la fonte di contaminazione, prendere provvedimenti per eliminarla o ridurla e infine verificare la presenza di PCB non diossina-simili».
Così, stando alla ricostruzione della dottoressa Ardito, nel novembre 2010 le analisi ufficiali rivelavano nelle anguille il superamento dei «tenori massimi ammissibili» e questo «avrebbe dovuto comportare l´emanazione di ordinanze concernenti il divieto pesca, commercializzazione e consumo del pesce». Questo quanto fu accertato nel febbraio 2011.
Seguì il divieto di vendita delle anguille del Garda e nel giugno dello scorso anno il ministro della Salute Balduzzi prorogò gli effetti del divieto che resta in vigore fino al 23 giugno prossimo.
L’Arena – 4 aprile 2013