Uscire dalle dinamiche dei partiti e rientrare in quelle degli incarichi istituzionali. In primis il Quirinale. Anche dopo la fallita trattativa sulle presidenza del Senato, le ambizioni di Mario Monti non sono state rinchiuse in cantina. Tutt’altro
di Susanna Turco. Sfilarsi dalla politica dei partiti e reinfilarsi nel gioco grande, quello degli incarichi istituzionali, non escluso il Quirinale. Anche dopo la fallita trattativa sulle presidenza del Senato, le ambizioni di Mario Monti non sono state rinchiuse in cantina. Tutt’altro.
La vedono così persino alcuni parlamentari di Scelta civica, che con il Professore hanno avuto ampio margine per confrontarsi: «Più che far politica, aspetta una sua ricollocazione, e ancora spera di andare al Quirinale”.
E, da questo punto di vista, l’intervista data dal Professore alla “Stampa” per chiarire che non ambisce a poltrone ma solo alla “governabilità”, non cambia di una virgola la questione. Anche perché, dietro giri di parole sempre più involuti e burocratici che sono all’opposto del periodare secco della “nuova politica”, il sottointeso del premier è chiaro: la governabilità c’est moi.
In più, proprio in questi giorni, Monti ha confermato il proprio disimpegno dal Parlamento: con la decisione, non da poco, di ritirare il proprio cognome dal titolo dei costituendi gruppi parlamentari. Si chiameranno semplicemente “Scelta civica”, senza il “Con Monti” che ha accompagnato la campagna elettorale.
Un indizio chiaro, per capire quanto il premier voglia mischiarsi con gli affari del parlamento.
Per questa via, con un leader fuori dai giochi, paradossalmente, finisce il movimento montiano per somigliare un pezzetto di più al suo opposto politico, vale a dire quel Movimento cinque stelle che nel nuovo parlamento è l’altra faccia della neo-anti-politica: anche nell’elezione dei presidenti del Senato, la soluzione adottata è stata la medesima, la scheda bianca; e qualche defezione, così come tra i grillini, c’è pure stata tra i montiani, anche se in quel caso nessuno è andato a indagare sulla compattezza del gruppo («ma Grasso è un nome talmente breve che in cinque secondi si può scrivere sulla scheda, fingendo di averla lasciata bianca», faceva notare – per nulla a caso -un parlamentare di Scelta civica a ridosso del voto).
Del resto, se il Pd ha interesse a far esplodere le contraddizioni in seno a Cinque stelle, il faro acceso sulle spaccature di Scelta civica interessa poco. Anzi. Il pacchetto dei montiani, coi suoi numeri esigui ma pesanti al Senato per aspirare alla fiducia, è utile solo se non si spacca. E naturalmente su questo anche Monti concorda.
L’obiettivo del professore in questa fase è invece proprio mostrare quanto il suo gruppo possa essere determinante, per la nascita di un governo. Non a caso, all’indomani del voto, il montiano Andrea Olivero si è speso per sottolineare come «senza di noi Grasso non sarebbe stato eletto».
Un modo per ricordare al Pd che Scelta civica ha un credito da riscuotere. E Monti sottolinea con la matita rossa che la sua discesa in campo è stata utilissima. A cosa? «Se non ci fossero stati i nostri tre milioni di voti, Berlusconi avrebbe vinto le elezioni e oggi sarebbe lui a scegliere se tornare a Palazzo Chigi o farsi eleggere al Quirinale».
Insomma, Monti si propone come l’unico argine possibile: è grazie a lui, secondo questa ricostruzione, che Bersani può scegliere. Su Palazzo Chigi, e sul Quirinale. Scegliere chi? Rifiutando di intavolare una trattativa su nomi diversi dal proprio per il Senato ?€“ come avrebbe invece fatto qualunque politico – il professore ha dato su questo una risposta chiara. Perché Monti, in questo caso, è sì all’opposto dei Cinque stelle: «Non “uno vale uno”, ma “io valgo tutto”; non Beppe Grillo, ma il Marchese del Grillo», sintetizza un uddiccino. Del resto, la strada verso il colle è parecchio in salita, ma non del tutto sbarrata.
«Nella vita non si esclude mai niente”, dice adesso il leader del Pd, parlando della candidatura di Monti al Colle, «non è che io non ci pensassi mesi fa, ma ora si tratta di una figura pienamente dentro alla politica e questo lo rende più difficile«. Proprio per questo, Monti adesso dai giochi del Parlamento cerca di sfilarsi, trattando la propria discesa in campo come qualcosa di temporaneo e revocabile.
Espresso – 19 marzo 2013