CORTE DEI CONTI. All’inaugurazione dell’anno giudiziario a Venezia puntato l’indice contro «la tendenza a realizzare sistemi compartecipativi a scatole cinesi». Il presidente Buscema: «Le società pubbliche strumento clientelare». E l’affaire Amia-Rede torna al giudice ordinario per fatti di 13 anni fa
Venezia. Non solo le amministrazioni ma soprattutto le società create per gestire la «cosa pubblica» entrano nel mirino della giustizia contabile: questo perchè i confini delle competenze si sono modificati in maniera direttamente proporzionale alla qualità dei soggetti che, seppur privati, svolgono funzioni pubbliche. E ieri, nel discorso d’inaugurazione dell’anno giudiziario, il presidente della Corte dei Conti del Veneto, Angelo Buscema, ha puntato l’indice sulla «tendenza a costituire tali società che negli ultimi decenni si è moltiplicata a dismisura per la creazione di sistemi compartecipativi a scatole cinesi». Una sorta di «buco nero». Tendenza che ha allargato i confini della giurisdizione della Corte che è competente a valutare i comportamenti di società partecipate, in house e di privati precettori di contributi. Questo perchè entrano in un rapporto di servizio quando utilizzano risorse pubbliche per perseguire funzioni pubbliche e quindi «produttive di danni erariali». L’affaire Amia-Rede invece torna al giudice ordinario, per fatti di 13 anni fa.
DINAMICHE CLIENTELARI. Una disamina cruda di quello che è diventato uno «strumento elusivo dei controlli di spesa e delle regole di gestione» e il presidente Buscema ha insistito: «Prefigurata come modello per migliorare l’efficacia dell’azione pubblica ha assunto dimensioni talmente vaste che in moltissimi casi ne hanno completamente snaturato gli intendimenti benefici. Le società pubbliche», ha proseguito, «rappresentano facile strumento per dinamiche clientelari, sono state particolarmente utili per assunzioni senza concorso, per l’aggiramento di vincoli di organico, per il superamento dei tetti di spesa e moltiplicazione di incarichi più o meno retribuiti. E a tali società vengono affidati spesso importanti servizi pubblici». Considerazioni che richiamano inchieste aperte anche a Verona riguardanti le assunzioni nelle partecipate del Comune (Amia, Agsm e Atv) eventualmente effettuate in violazione del decreto 112 del 2008 che impone la «massima trasparenza». Richiamano sponsorizzazioni e investimenti di denari. Invero gli strumenti, come ha sottolineato il dottor Buscema, esistono tant’è che «sono stati posti limiti all’organizzazione e funzionamento delle società pubbliche, restringendone la possibilità di costituzione». In quest’ottica si inseriscono le regole sul numero di amministratori, i tetti per i compensi di presidenti e Cda, i conferimenti di incarichi, gli obblighi di comunicazione e pubblicità, i vincoli per le assunzioni.
IL CASO REDE. Allargamento e crescita esponenziale che hanno reso la giustizia contabile competente a vagliare la costituzione onerosa di società inidonee ad operare in concreto e la ricapitalizzazione seriale di ingiustificate perdite di bilancio ma su una questione spinosa non deciderà: per la Cassazione la vicenda Amia-Rede sarà trattata dal giudice ordinario, che nel 2007 stabilì che si trattava di «materia contabile» inviando tutto alla Corte dei Conti. A restituire gli oltre due milioni e mezzo di euro erano stati chiamati in 13: l’intero Cda di Amia, il direttore generale e il collegio dei revisori che «avevano proceduto all’incauto acquisto del 51% del capitale sociale di R.E.D.E. Spa, poi fallita, senza aver fornito al Comune, socio unico di Amia, una congrua documentazione informativa su programmi e investimenti». Il 29 gennaio 2007 il tribunale di Verona dichiarò la propria incompetenza, le Sezioni riunite hanno deciso che «in un caso di trasformazione di un ente pubblico in spa l’esistenza o meno della giurisdizione della Corte dei Conti dipende dal momento in cui si è verificato il danno». E in questo caso quando Amia era una Spa.
LEGALITA’ E TRASPARENZA. Indice puntato e un invito pressante alla legalità funzionale che «implica una pubblica amministrazione attenta a riempire di contenuti concreti la scatola altrimenti vuota del principio costituzionale del buon andamento». Un concetto che insieme a quella «necessità di trasparenza» più volte citato dal procuratore regionale Carmine Scarano, rappresentano gli strumenti più idonei a consentire di «ridurre i margini di una cattiva gestione e malfunzionamento per uso a fini privati della funzione pubblica». E il procuratore ha concluso citando un passo dell’«Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti» di Italo Calvino.
7 marzo 2013