I mutati equilibri tra le forze di centrodetra in Veneto avevano già ieri fatto fare la voce grossa a qualche esponente Pdl. Oggi la doccia gelata del governatore: non si cambia nessun assessore
«Il nuovo movimento di Tosi? Non possono pensare di farlo in tre dentro una cabina telefonica. Serve un congresso». Va giù duro Luca Zaia il giorno dopo lo spoglio delle elezioni politiche. «Tosi ha fatto di una ferita una cancrena – ha puntualizzato il governatore durante il settimanale punto stampa del martedì -. Ora Maroni intervenga come figura di garanzia in Veneto». «Nessun rimpasto in giunta, non cambierò neppure un assessore, men che meno la sanità». Luca Zaia, governatore del Veneto, spera che Roberto Maroni non si dimetta da segretario della Lega ed esprime critiche sulle scelte del Carroccio in Veneto a guida Tosi. «Venga o meno eletto governatore della Lombardia, ritengo che Maroni – ha detto Zaia – non debba dimettersi da segretario della Lega Nord, perchè può essere quella figura di garanzia di cui il nostro partito ha bisogno».
Riguardo al segretario veneto, Zaia ha precisato che non ne chiede le dimissioni «anche se ha commesso secondo me due errori»: uno quello di aver perso «la grande opportunità di ricompattare le due anime della Lega» dopo le vicende che mesi fa l’hanno travolta, operando delle scelte di candidati «le cui qualità non discuto, ma che non hanno risposto alle richieste del territorio. L’altro, quello di aver lanciato l’idea di un nuovo soggetto politico a tre giorni dal voto. Zaia vorrebbe la convocazione di un congresso »non elettivo, ma consultivo, per identificare le idee sulla base delle quali costruire il futuro«. Un futuro che più che al »contenitore«, tipo modello bavarese, guardi ai »contenuti« della Lega. Per il governatore del Veneto Luca Zaia l’alleanza della lega con il Pdl in chiave nazionale ha pesato sull’esito del voto, ma il fine era e resta quello della vittoria del Carroccio in Lombardia. «Io, che ho sempre corso da solo – ha detto – non posso essere certo il difensore dell’idea di correre con un alleato. Ma gli accordi si basano sul fatto che il nostro obiettivo, su cui stiamo lavorando, è la vittoria in Lombardia, per arrivare alla Macroregione del nord, basata sul modello dell’Euregio senza confini, in cui ogni realtà mantiene la propria identità territoriale. Un tema condiviso anche dall’Europa».
Pur escludendo che il suo partito, la Lega Nord, entri in una eventuale larga coalizione di Governo, il presidente del Veneto, Luca Zaia non esclude che il Carroccio, qualora si riesca a formare un esecutivo, possa «valutare l’opportunità di sostenere, per coerenza, singoli provvedimenti». «Su temi vicini alla mission – ha spiegato Zaia – il nostro partito può accettare anche un’agenda a tempo, valutando se si tratta di proposte vere, anche se sarà solo il nostro segretario Maroni a decidere, così come sul tema delle eventuali alleanze. Ma, prima di tutto, sarà Grillo a dover decidere se dare la fiducia al Governo o tornare a nuove consultazioni». «La mia idea? – conclude Zaia – Che la vera grande sfida che si presenta è quella della nuova legge elettorale». (Ansa)
Tosi: colpa dell’alleanza con Berlusconi
Il leader nega la debolezza delle liste e le ambiguità della vigilia «Congresso? Lo chiedano. Il nuovo modello? E’ per la Lega».
Flavio Tosi, segretario della Liga veneta, per rivedere il Carroccio all’11% in questa regione si deve tornare al 2006. Come spiega l’emorragia di voti?
«Il risultato è sorprendente ma fin lì, già alle Amministrative dello scorso anno la Lega era uscita falcidiata dagli scandali. Dopo il congresso che ha eletto Maroni segretario ci stavamo finalmente riprendendo, purtroppo abbiamo avuto la sfortuna di votare in concomitanza per le Politiche e per le Regionali in Lombardia…».
Il Veneto è stato sacrificato per far vincere Maroni di là del Garda?
«Il nostro primo obiettivo era conquistare la Lombardia, così da avviare il percorso per la nascita della macro-regione del Nord. Per riuscirci eravamo disposti a qualunque sacrificio e l’alleanza con Berlusconi è stato uno di questi: lo abbiamo pagato caro, certo, ma in Veneto non è poi andata peggio che in Piemonte o in Emilia. E se prenderemo il Pirellone anche chi oggi vede il bicchiere completamente vuoto capirà che ne è valsa la pena di rinunciare a qualche senatore e qualche deputato».
E se Maroni dovesse perdere?
«Allora vorrà dire che la nostra strategia si è rivelata sbagliata. Ma stando alle proiezioni, mi pare un’ipotesi assai improbabile ».
Resta il fatto, come rileva anche Gobbo, che il leader non si è visto più di tanto da queste parti in campagna elettorale.
«Solo uno sciocco può pretendere che Maroni giri in lungo e in largo il Nord Italia mentre è in corsa per la poltrona di governatore in Lombardia».
Il sorpasso del Pdl la preoccupa?
«Tre anni fa, alle Regionali, erano 10 punti dietro di noi. A Verona, dopo le Comunali, erano al 5%. Le elezioni sono una ruota che gira, oggi tocca noi, la prossima volta potrebbe ri-toccare a loro».
Intanto però gli azzurri sembrano disposti a sfruttare al massimo il loro turno. Chiedono già un rimpasto di giunta in Regione.
«Ad ora non mi è arrivata ancora alcuna richiesta. Se arriverà, ne parleremo».
Le liste che avete presentato nel nome del rinnovamento non mancavano un po’ di appeal?
«Avevano molto più appeal di quelle degli altri partiti, infarcite dei soliti noti. Sono uomini e donne preparati, legati al territorio, pronti a dare battaglia. Chi andrà a Roma farà bene, ne sono convinto».
Pensa che qualcuno nel partito abbia remato contro, per esempio l’ala rimasta fedele a Umberto Bossi?
«Faremo un’approfondita analisi del voto, provincia per provincia, Comune per Comune, e vedremo se ci sono delle anomalie che meritano di essere affrontate. Dopo di che capisco che possa esserci chi si è impegnato di più o di meno, chi aveva motivo di ripicche, chi magari non ha corso perché deluso dalla posizione in lista. Ci può stare».
C’è chi, come Massimo Bitonci, l’analisi del voto la vuol fare in un congresso.
«Lo statuto parla chiaro, esiste un iter preciso per chiedere l’indizione del congresso. Possono intraprenderlo, se lo ritengono opportuno».
Si sente isolato?
«Sono sereno e per nulla preoccupato. In cuor mio so di aver lavorato e di essermi sempre impegnato per il bene della Lega e queste elezioni non hanno fatto eccezione. Quanto all’isolamento, non mi pare che Flavio Tosi sia poi così antipatico alla gente».
E per questo che vuol farsi un partito tutto suo?
«Questa è una stupidaggine colossale che continuate a propagandare sui media. Io non ho mai detto di voler fondare “qualcos’altro” rispetto alla Lega, ho solo pensato come la Lega possa riuscire ad intercettare il consenso di quelle persone che condividono le nostre idee ma non voterebbero mai il nostro partito. E’ un progetto “per” la Lega e non “contro” la Lega, un modo per allargare il nostro consenso alla società civile ed agli elettori degli altri partiti».
Si è pentito di aver lanciato questo nuovo progetto a tre giorni dalle elezioni?
«Se l’avessi fatto dopo il voto sarei stato accusato di voler intortare gli elettori e rimediare alla sconfitta elettorale con un lifting al partito. Ho preferito essere chiaro: il nostro movimento va in quella direzione, a prescindere. E per inciso: nessuno di voi ha mai scritto che chi ha allestito la convention a Verona si è pubblicamente impegnato a votare e far votare Lega domenica e lunedì».
L’analisi del voto dice che i punti che mancano al vostro appello sono andati a gonfiare la percentuale di Grillo. Come vi rapporterete con il Movimento 5 stelle, da più parti indicato come «la nuova Lega»?
«Il voto a Grillo è un voto assolutamente legittimo ma del tutto inutile. Come dimostrano i casi Mira e Parma, i Cinque stelle stanno bene fuori dal Palazzo, a gridare, non dentro, a governare. Non ne sono capaci».
Corriere del Veneto – 26 febbraio 2013