Il leader leghista e l’Imu: «Non è credibile, fa sempre così. Monti? Anche peggio». «E’ davvero stupefacente, e un po’ mi deprime, questa gara a chi la spara più grossa, a chi fa la promessa più ammiccante, a chi toglierà più tasse, tra Berlusconi e Monti. E tra i due, devo dire la verità, a sorprendermi maggiormente è il Professore: è un tecnico, da lui ci si aspetterebbe la massima serietà. Mentre il Cavaliere… beh, lui di promesse così ne fa ad ogni campagna elettorale. Lo conosciamo e ormai ci siamo abituati».
Flavio Tosi, sindaco di Verona e segretario della Liga veneta, dice di averci fatto il callo, ai fascinosi impegni pro futuro del Cav. E però va bene la routine, ma ci crede oppure no?
«Nel 2008 fu tolta l’Ici ed a pagare i Comuni, compreso quello di Verona, fu in effetti lo Stato. E però siamo nel 2013 ed in questi 5 anni il mondo è radicalmente cambiato: l’Italia è messa male, i conti sono quelli che sono, dunque no, non mi pare per niente credibile questa storia dell’Imu restituita ai contribuenti. Non è sostenibile. E poi c’è un secondo problema, di coerenza: come fa Berlusconi a dire che toglierà l’Imu quando appena un anno fa votò a favore della sua introduzione?».
Si dice che gli italiani abbiano la memoria corta…
«Non penso. Noi leghisti siamo i primi a non credere a Berlusconi, prova ne sia che non è lui il nostro candidato premier. Mi piacerebbe vedere una campagna elettorale un po’ più seria, che avesse la forza e l’onestà di concentrarsi sugli aspetti dolorosi ma inevitabili come i tagli alla spesa pubblica, piuttosto che una rincorsa stucchevole tra proposte chiaramente irrealizzabili».
Credibilità, serietà, onestà, l’Italia vera… sembra di sentir parlare Bersani. Forse era meglio se vi alleavate col Pd.
«Siamo diversi tanto dal Pdl quanto dal Pd».
Ma allora col Pdl che vi siete alleati a fare?
«L’alleanza tra noi ed il Pdl è un matrimonio d’interesse, come lo sono tutti i patti elettorali. Perché secondo lei Bersani e Vendola vanno d’amore e d’accordo? Noi volevamo la Lombardia, il Pdl voleva il Senato ed eccoci qua».
Allora non ha tutti i torti chi dice che avete barattato il Veneto, o meglio, la vittoria al Senato in Veneto, in cambio della presidenza della Lombardia…
«La conquista della Lombardia è per noi la chiave di volta in vista della costruzione della macro-Regione del Nord, un obiettivo epocale per cui siamo disposti ad enormi sacrifici. Dopo di che l’accordo con il Pdl è chiaro: siamo ottimi alleati a livello locale, come dimostrano anche le esperienze di Zaia e di Cota, ma a livello nazionale ognun per sé e dio per tutti».
E se per un caso della vita doveste vincere le elezioni?
«Di sicuro la storia non prenderebbe la piega che prese nel 2008. Non siamo più disposti a buttar giù qualunque cosa».
L’impressione, comunque, è che alla Lega di queste elezioni gliene importi poco nulla. Berlusconi, Monti, Bersani: tutti sono già venuti o verranno qui, in qualche caso più di una volta. L’orizzonte sul fronte padano è deserto.
«Maroni è l’unico big della Lega e com’è facile intuire è piuttosto preso dalla campagna in Lombardia. In ogni caso sarà qui il 15 ed il 21 febbraio. Dietro di lui, siamo tutti alla pari e ciascuno farà la sua parte, fermo restando che il faro dev’essere puntato sui candidati locali perché saranno loro a rappresentare il Veneto a Roma, mica Berlusconi, Monti e Bersani. La nostra squadra è giovane e accattivante e a differenza di quella degli altri partiti non ha bisogno del traino di alcun big».
Intanto, però, pure i colonnelli locali disertano gli incontri. Si veda Vicenza.
«Si è trattato solo di un disguido organizzativo, Franco e la Dal Lago mi hanno detto che se avessero ricevuto l’invito sarebbero andati ed io voglio credere loro. Fino ad ora si sono sempre comportati in modo correttissimo, con grande coerenza».
Sarà. I malumori, comunque, sono sotto gli occhi di tutti…
«Non è il momento di parlarne. Ora voglio occuparmi solo della campagna elettorale, tutto il resto è secondario».
I bossiani chiedono un congresso subito dopo il voto. Si farà?
«Idem come sopra».
Prenderà provvedimenti contro chi, nella Lega, ha invitato al voto suicida a favore del Pdl, dei venetisti e perfino del Pd?
«Idem come sopra. In ogni caso nessuno seguirà un appello simile, è una sciocchezza colossale».
E’ vero, come dice Galan, che Bossi le promise la presidenza della Regione? Ed è vero che lei «insidia» la poltrona di Zaia?
«Quel che scrissero i giornali in occasione del congresso che confermò Gobbo alla guida della Liga veneta non serve ripeterlo, è agli atti (era il 2008, i giornali scrissero che la promessa gli era stata fatta, ndr.). Così come è notorio che fui io a telefonare a Zaia nel 2010 per proporgli la candidatura a governatore. Non c’è alcun problema tra me e Luca, non ci massacriamo tra noi, come accade altrove».
Ma è vero che lei lavora nell’ombra per costruire un partito nuovo, diverso dalla Lega?
«Mica tanto nell’ombra, è sotto gli occhi di tutti e se ne parla di continuo: è l’ormai celeberrimo “modello Verona”. Ma non è un partito nuovo, semmai è una nuova Lega. Non avremmo mai rivinto le elezioni nella mia città se non fossimo stati in grado di andare oltre quel che eravamo, di superare i vecchi schemi ed archiviare certi slogan. La strada è quella giusta e non a caso verrà seguita anche da Maroni in Lombardia: dobbiamo partire dalla Lega per evolverla in un soggetto capace di aprire le sue porte, di essere inclusivo e, così facendo, di diventare egemonico in Veneto. Il modello a cui mi ispiro è la Csu bavarese».
Marco Bonet – Corriere del Veneto – 5 febbraio 2013