«ROVIGO? Certo che la conosco. E anche bene. Ero medico da qualche anno e mi hanno chiamato a lavorare all’ospedale di Adria. In pronto soccorso. Sarà stato il ’78 e allora sì che in Polesine c’era la nebbia!». Arturo Orsini, classe ’51, nato a Palermo, ma di famiglia padovana, sposato, con due figlie, è il nuovo direttore generale dell’Ulss 18.
Ha ricoperto lo stesso incarico all’Ulss 13 di Mirano e all’Ulss 14 di Chioggia. Ora è approdato a Rovigo dove lo attende un lavoro complesso: oltre ai tagli e alle razionalizzazioni chieste da Roma dovrà confrontarsi con il nuovo piano socio sanitario del Veneto. In una azienda che, in regione, ha registrato uno dei deficit più pesanti.
Dottor Orsini, le regioni segnalano che i tagli complessivi nel triennio saranno di 31 miliardi e che i servizi socio sanitari sono a rischio. La preoccupa questo allarme?
«Non posso non essere preoccupato. Anche se la cosa deve essere letta in chiave più generale. Riguarda la sostenibilità dei costi dell’assistenza e non è un problema solo veneto o italiano ma di tutti i paesi che si fanno carico della salute dei cittadini. Nel mondo occidentale la sanità, offrendo risultati sempre più brillanti, costa sempre di più. E questo crea un problema di sostenibilità».
Lei dovrà dirigere una delle Ulss più indebitate del Veneto. Pensa di riuscire a risolvere il problema, storico, del deficit?
Sono qui da ieri e se dopo 24 ore volessi avere già la ricetta per risolvere i problemi sarebbe un indice di superficialità. Credo che potrò trovare le risposte tra qualche mese. Questa Ulss ha un problema di bilancio strutturale causato da condizioni peculiari: questa è una provincia poco popolata e ciò non agevola i servizi. E i costi si scaricano su meno persone. Questa situazione strutturale, determinata anche dalla vastità del territorio, influisce sulla definizione dei costi».
Un vasto territorio, due Ulss. Fino a qualche giorno, prima della sua nomina, si prevedeva venisse nominato un solo dg. Poi non se n’è fatto nulla. Quale è la sua impressione al riguardo?
«Si è parlato di ridurre le Ulss ma poi si è preferito introdurre altri elementi di razionalizzazione. Penso che possa funzionare bene anche un ripensamento dell’offerta ospedaliera per calmierare i costi».
Cosa alla quale punta la spending review con l’introduzione delle schede ospedaliere. Secondo lei queste direttive finiranno per ridurre i servizi?
«Intanto dobbiamo vedere come saranno le schede, sia quelle ospedaliere che quelle del territorio. Per ora ne conosciamo soltanto le linee generali. Non si può quindi prevedere se ci saranno dei tagli e dove.L’altra variabile sul territorio è il contributo dei privati convenzionati. I privati sono una risorsa e vanno spesi con oculatezza».
Se i tagli dovessero essere richiesti finiranno per colpire il secondo presidio del territorio, cioè l’ospedale di Trecenta?
«Sono dell’opinione che nei limiti del possibile è meglio evitare i doppioni. Ma è anche vero se che ci sono due presidi a distanza non di dieci chilometri ma di sessanta bisogna garantire una qualità e una sicurezza a chi accede alla struttura sanitaria».
Qualcuno teme che l’ospedale di Rovigo non riuscirà a mantenere tutte le specialità…
«Farò di tutto per mantenere le specialità che ci sono individuando altri ambiti di contenimento dei costi. Qui ci sono delle specialità di gamma elevata: dotazioni di eccellenza riconosciute in Veneto penso sia giusto mantenerle. E mantenere il presidio provinciale come punto di riferimento privilegiato».
Cosa pensa delle nuove misure che puntano alla riorganizzazione delle cure primarie?
«Se intende le ‘medicine aggregate’ credo che possono essere una buona risposta se il criterio è l’accessibilità al servizio. Certo bisogna valutare altri aspetti, ovvero i costi».
Lei è un medico, quasi una eccezione tra i nuovi dg nominati. Gli altri sono tutti amministrativi. Un segno dei tempi?
«Forse non è un caso. E’ un momento economicamente difficile e quello dei costi è il vero problema. Per questo, forse, si finisce col preferire chi per mestiere si occupa di economia».
Tiziana Piscopello – Il Resto del Carlino – 4 gennaio 2013