Si aggiunge così un nuovo tassello a un percorso parlamentare travagliato, e di fatto incompleto. Al punto che le opposizioni hanno annunciato ieri il ricorso alla Consulta per censurare un iter di approvazione della legge di bilancio che ha cancellato il confronto alla Camera, ridotta al ruolo notarile di notifica delle scelte compiute al Senato. A Montecitorio il centrodestra aveva presentato 1.120 emendamenti (e 15 il Movimento 5 Stelle), destinati a una bocciatura inevitabile e tutt’al più, a un’innocua trasformazione in ordini del giorno. Un attacco, quello delle opposizioni, che ieri ha trovato una sponda istituzionale nel presidente della Camera Roberto Fico, che ha definito «inaccettabili» i tempi ridotti lasciati al passaggio a Montecitorio. La chiamata in causa della Consulta non è un inedito: l’anno scorso fu il Pd, allora all’opposizione, a rivolgersi alla Corte, che non bocciò la manovra ma censurò le tappe forzate imposte dai gialloverdi.
A difendere la manovra è invece intervenuto anche ieri il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, in audizione alla commissione Bilancio alla Camera. Nei calcoli forniti del ministro, che ha parlato di «primi segnali incoraggianti dall’economia», la manovra porterebbe a un «calo considerevole di tasse», da 7,1 miliardi rispetto a quest’anno al netto delle entrate da lotta all’evasione e da rimodulazione dei versamenti di autonomi e professionisti.
Le parti cadute nel rush finale del Senato, si diceva, cercano in extremis nel Milleproroghe un nuovo veicolo per la Gazzetta Ufficiale. Fra queste rientra tutto il pacchetto sulla digitalizzazione della Pa, con le regole di dettaglio per le notifiche fiscali in forma digitale che saranno gestite dalla piattaforma di PagoPa prevista dalla legge di bilancio, la possibilità di far ripartire le assunzioni nelle Province dopo cinque anni di blocco posto dalla riforma Delrio. Le Province con i conti in ordine potranno utilizzare i criteri per le assunzioni appena ridisegnati per i Comuni dalla manovra. Quelle in dissesto, invece, si divideranno un assegno da 4,5 milioni all’anno. Sul treno del Milleproroghe risalgono anche le assunzioni nelle Forze di Polizia, le risorse aggiuntive per le Forze armate, i ruoli del personale di Tar e Consiglio di Stato e il rafforzamento degli organici della Corte dei conti.
Nei ripescaggi dalla manovra si fa largo anche la controriforma di Sport e Salute, la società per gestire lo sport italiano voluta dalla Lega che l’anno scorso accese lo scontro fra l’allora sottosegretario a Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti e il presidente del Coni Giovanni Malagò. Con la nuova norma, la società diventa del Mef, che nomina il presidente, e il Coni torna a pesare sulla governance.
Ma un Milleproroghe serve prima di tutto per rinviare scadenze. Il testo si apre, come sempre, con un nutrito pacchetto di slittamenti per le stabilizzazioni e le assunzioni nei ministeri e a Palazzo Chigi. Fra gli interventi più rilevanti, accanto a intercettazioni e autostrade, c’è però lo spostamento al 31 marzo dei termini per la nomina del nuovo presidente dell’Anac, che sarà guidata dal consigliere più anziano fino all’individuazione del sostituto di Cantone, del Garante della Privacy e del presidente dell’Agcom.
Il Milleproroghe rilancia poi per tutto il 2020 il «bonus verde», cioè la detrazione del 36% per spese fino a 5mila euro per unità immobiliare dedicate alla sistemazione dei giardini di villette e condomini.
Proprio nei giorni dell’ennesima crisi bancaria italiana, invece, cadono anche dal testo del Milleproroghe, dopo il tentativo andato male in legge di bilancio, le regole per rafforzare i poteri della Consob. In questo caso, in gioco c’era il contrasto delle truffe finanziarie online.