CORRIERE DEL VENETO: Due delibere approvate a Ferragosto dalla giunta Zaia per assumere negli ospedali veneti 500 non specialisti; un documento in sedici punti con la medesima base sottoposto con successo alle altre Regioni; un tavolo con Ordini dei Medici e Università per reclutare pure gli specializzandi, peraltro già in corsia; tre mesi di dibattito politico e braccio di ferro con i sindacati, un bando appena concluso e un altro appena lanciato. «Ma qualcuno gliel’ha chiesto ai neolaureati in Medicina e agli specializzandi se vogliono essere assunti?», s’interroga Adriano Benazzato, segretario Anaao (ospedalieri).
Probabilmente no, se Federspecializzandi insieme a MeSPad e AsVer, le associazioni di categoria di Padova e Verona, venerdì scorso ha depositato in Regione duemila firme di studenti di Medicina, specializzandi dei due Atenei e qualche specialista a sostegno di una petizione che chiede «la sospensione immediata e il ritiro delle delibere di Ferragosto». Oltre a un incontro con il governatore Luca Zaia e gli assessori alla Sanità, Manuela Lanzarin, e all’Istruzione, Elena Donazzan. «Chiediamo che si apra un tavolo di confronto serio — scrivono i diretti interessati su Facebook — o siamo pronti alla mobilitazione». Quindi, mentre si dibatte in ogni dove l’idea di ricorrere a loro per tamponare la carenza di 1.300 ospedalieri nel Veneto, loro sono pronti a scendere in piazza per evitarlo. «Chiediamo di essere interpellati su proposte che, così come approvate dalla giunta regionale, introducono la possibilità di assumere nelle corsie medici neo-abilitati senza alcuna formazione specialistica — recita la petizione —. Gli unici risultati prevedibili sono un calo della qualità dell’assistenza per i veneti e lo sfruttamento a breve termine dei giovani medici, piuttosto che un investimento nella loro formazione. I medici in formazione specialistica già oggi erogano prestazioni assistenziali proporzionalmente alle competenze acquisite e svolgono attività in reparto sotto la supervisione di tutor, ma in nessun caso il loro ruolo dev’essere sostitutivo del personale dipendente. Ogni tentativo di scaricare sugli specializzandi — il passaggio chiave — o addirittura sui neolaureati, responsabilità improprie per sopperire alle carenze di organico a basso costo, e con possibili conseguenze sulla qualità formativa, non è accettabile».
Spiega il portavoce Mirko Claus: «Non si possono assumere non specialisti a basso costo, si mettono a rischio la qualità dell’assistenza e la sicurezza delle cure. Anche per noi specializzandi non è la soluzione ideale: ci espone a rischi non indifferenti, anche dal punto di vista legale visto che dev’essere ancora sciolto il nodo della copertura assicurativa. E poi preferiamo completare la formazione». E allora ecco la contro-proposta messa nero su bianco nella petizione: «Destinare subito i 25 milioni di euro annunciati dalla Regione per assumere questi neo-abilitati, alla formazione di nuovi specialisti, attraverso il finanziamento di contratti integrativi. Già ora gli oltre 2.500 specializzandi di Padova e Verona lavorano nelle corsie di ospedali e strutture di tutto il Veneto con un contratto di formazione specialistica di 38 ore settimanali, per un compenso di 13,98 euro lordi all’ora. I 25 milioni di euro corrisponderebbero all’equivalente annuo di mille contratti di formazione specialistica per medici che da subito potrebbero gradualmente acquisire competenze nelle reti formative delle Scuole di Specializzazione». E qui si risponde a uno dei famosi 16 punti elaborati dalla Regione, cioè ampliare il numero degli ospedali in cui gli specializzandi svolgono il tirocinio. «Le reti formative, accreditate dal ministero della Salute, e in cui gli specializzandi per normativa sono tenuti a ruotare, comprendono, oltre ai policlinici universitari, numerosi presidi ospedalieri territoriali», scrivono le tre associazioni.
Per poi chiedere a Palazzo Balbi di rendere noti i numeri dei medici mancanti per disciplina e per struttura «e i provvedimenti che la Regione ha messo in atto negli ultimi tre anni per farvi fronte». «Da medici e da cittadini — concludono Federspecializzandi, MeSPad eASVer — riteniamo di non poter stare in passivo silenzio. Siamo pronti a far sentire la nostra voce e ad esprimere il nostro dissenso per decisioni che pensiamo siano profondamente sbagliate per il nostro futuro, per quello del Servizio sanitario nazionale e delle nostre comunità». La Regione intanto procede per la sua strada, concordando con l’Università la formazione dei primi non specialisti da inserire nei Pronto Soccorso.
«I neolaureati non temano di entrare in ospedale»
Il governatore Luca Zaia replica alla petizione depositata in Regione con duemila firme di specializzandi e studenti in Medicina che non vogliono essere assunti prima di completare la specializzazione. «Posso capire che qualcuno sia preoccupato, perché c’è chi ha alzato polveroni temendo per il proprio posto — dice — ma questi ragazzi non devono aver paura di entrare in ospedale. Sono uno strenuo difensore della specializzazione e del suo valore, i medici specialisti avranno sempre la priorità, ma di fronte all’emergenza abbiamo cercato delle soluzioni. Stiamo parlando con gli Atenei di Padova e Verona per l’assunzione degli specializzandi, stiamo chiedendo al ministero della Salute la possibilità di pagarli e stiamo reclutando i neolaureati abilitati». Questi ultimi, avverte Zaia, «non metteranno a repentaglio la sanità del Veneto, perché non faranno gli anestesisti nè i cardiochirurghi, ma si occuperanno dei codici bianchi in Pronto Soccorso».
Federspecializzandi ha prodotto un documento con il quale ribatte punto su punto il piano adottato dal Veneto. Il più contestato è appunto il ricorso a medici non specialisti: «Tale misura, presentata come la più efficace, e potenzialmente più tempestiva per superare l’attuale carenza di camici bianchi, rappresenta a nostro avviso la proposta invece più critica e dequalificante. L’unico obiettivo sembra quello di voler tagliare, ridurre e sminuire i percorsi di specializzazione, aprendo le porte ad un Far West formativo al fine di tappare i buchi nei reparti. Servono invece investimenti sulla qualità del lavoro e sulle retribuzioni, perché molto spesso i professionisti ci sono ma scelgono altre strade, considerate più gratificanti, stabili e sicure. È inutile gridare alla carenza di medici se si continuano ad offrire le stesse condizione da cui fuggono».
Via libera invece all’utilizzo delle graduatorie dei concorsi e al prolungamento dell’età pensionabile a 70 anni anche per gli ospedalieri (è già così per gli universitari). «Di per sé, se attuata su base volontaria, compatibilmente allo stato di salute e previa valutazione aziendale, non è una soluzione irricevibile — si legge nel documento —. Però devono essere previsti vincoli orari e turnazioni ben delimitate, oltre a una giusta retribuzione, in modo che i professionisti supportino i reparti in difficoltà di cui hanno già esperienza, senza tuttavia farsene carico completo. Ovviamente una simile soluzione va attuata solo davanti all’impossibilità di reperire specialisti».