Michela Nicolussi Moro. L’accordo tra Regione, Ordini dei Medici e Atenei di Padova e Verona finalmente c’è. Il presupposto dal quale partire pure: nel Veneto mancano 1300 medici, i concorsi o vanno deserti o attirano solo una spicciolata di candidati e tempo di aspettare i nuovi camici bianchi in formazione (almeno tre anni) non ce n’è. E allora ieri, in Azienda Zero a Padova, la triplice alleanza ha messo a punto un accordo che prevede una duplice modalità di reclutamento dei primi 500 dottori di cui c’è immediato bisogno, cioè 320 di Pronto Soccorso e 180 di Medicina e Geriatria. Saranno assunti, con concorso, a tempo determinato e con contratto di formazione-lavoro (lo consente il decreto Calabria), gli specializzandi al quarto e quinto anno di tirocinio nei reparti citati, che li vedrà presenti per il 70% del tempo dedicato alla formazione. Il rimanente 30%, di teoria, lo trascorreranno all’Università, che nel nuovo regolamento degli specializzandi in via di elaborazione e da sottoporre al Senato accademico ne definirà le competenze e sottolineerà se siano autonomi o parzialmente autonomi nelle varie funzioni. In modo che un ospedale sappia per quali prestazioni poterli impiegare da soli e per quali affiancare loro un tutor.
Quando concluderanno il tirocinio e si specializzeranno, potranno passare a tempo indeterminato e restare nel reparto di appartenenza senza ulteriore concorso.
Per il momento gli specializzandi potenzialmente assumibili sui 1907 iscritti a Padova e i 1100 di Verona sono in totale circa 200: il 15 settembre la prima selezione, per il Pronto Soccorso. «Non potranno però essere impiegati in tutti gli ospedali del Veneto — spiega Francesco Noce, presidente regionale dell’Ordine dei Medici — ma solo in quelli inseriti dai due Atenei nella rete formativa. E l’elenco varia a seconda della specialità». Per esempio: se anche ci fossero gli specializzandi per coprire tutti i 253 posti vacanti nei reparti di Anestesia, dovrebbero andare soltanto in quelli di Padova, Mestre e Treviso, perché è in quegli ospedali che l’Università ha stabilito di formarli, non negli altri. E allora le parti hanno convenuto di allargare la rete degli ospedali «formativi» e intanto di coprire i 300 posti mancanti, soprattutto nelle strutture escluse, con i non specialisti che le due delibere regionali di Ferragosto hanno stabilito di assumere. E che potranno rimediare anche alla carenza di 80 pediatri e 67 ginecologi rilevata dalla Regione. «Nelle strutture che dovessero rimanere escluse dall’ampliamento della rete accreditata alla formazione universitaria, si potrebbero inserire i giovani laureati e abilitati ma non specialisti, come previsto dalle nostre delibere — conferma Manuela Lanzarin, assessore alla Sanità —. Saranno formati nell’ambito della Scuola regionale di Sanità pubblica ma in accordo con Università e Ordini dei medici». Saranno gli Atenei a prepararli, la Regione sosterrà i costi e gli Ordini hanno ottenuto che ottengano un diploma «spendibile».
«Abbiamo inoltre concordato una terza via di reclutamento, da noi proposta — completano Michele Valente e Giovanni Leoni, presidenti degli Ordini di Vicenza e Venezia — cioè la stabilizzazione dei precari. Oggi circa un terzo dei colleghi al lavoro nei Pronto Soccorso sono stati assunti a tempo determinato con contratti atipici, cioè libero-professionali, a turno, tramite cooperative. Si è deciso di stabilizzarli e farli entrare nelle Scuole di specialità, usufruendo delle 42 borse di studio riservate ai dipendenti delle Usl ma solo due delle quali utilizzate, perché i direttori generali non volevano togliere dalla corsia i medici. Ora potranno specializzarsi continuando a lavorare».
Tutto ciò sarà ratificato con la riattivazione dell’Osservatorio regionale per la Formazione specialistica, non più riconvocato dal 2016. Si partirà dalla definizione di un protocollo d’intesa. «Stiamo facendo squadra nell’interesse del sistema ospedaliero e di quello formativo-accademico — dichiara la Lanzarin — l’obiettivo comune è dare risposte concrete, urgenti e di prospettiva a una carenza che non deve incidere sulla qualità dell’assistenza ai cittadini». «Le delibere di Ferragosto hanno indotto uno choc positivo che ha finalmente riunito allo stesso tavolo Regione, competente per la programmazione, Ordini, chiamati alla tutela della professione, e Atenei, dediti alla formazione», chiude Noce.
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