Che ci sia bisogno di camici bianchi nei reparti degli ospedali veneti, è un dato assodato. Ma assumere neolaureati non è l’unica strada percorribile. Ne è convinto il Pd, che ieri ha presentato un’interrogazione a firma di Claudio Sinigaglia e Anna Maria Bigon sulla decisione della Giunta di assumere 500 abilitati per tappare il buco di 1.300 medici mancanti in Veneto. Meglio, è la tesi dei dem in Consiglio Regionale, sarebbe stato mettere sotto contratto sì i giovani medici, ma un po’ più avanti nella preparazione. E cioè, come previsto dal decreto Calabria, gli specializzandi dell’ultimo anno. «La legge 60/2019 – spiega Bigon – dava la possibilità di inserirli in via straordinaria, fino al 31 dicembre 2021, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato».
Sul punto, per l’assessore alla sanità la porta agli specializzandi è già stata aperta: «Per i pronto soccorso – spiega Lanzarin – sono già stati pubblicati tre bandi di concorso per 192 posti. Ad oggi, risultano in graduatoria solo 22 specializzati e 24 specializzandi all’ultimo anno. Non c’erano altre soluzioni percorribili oltre ai neolaureati». Per l’opposizione, però, le 92 ore di formazione in aula (più due mesi di tirocinio in reparto) previsti dalle delibere leghiste non possono neanche sostituire un corso di formazione specialistica.
L’indice dei dem è puntato anche contro l’inquadramento contrattuale dei 500 neolaureati: lavoratori autonomi, senza un contratto di formazione e lavoro. «Sarebbero dei precari a tempo indeterminato», è l’affondo. Aspetti contrattuali e assicurativi, fa sapere Lanzarin, saranno affrontati a tempo debito. E comunque, ai neolaureati non spetterà di curare le emergenze. Intanto, dopo le schermaglie delle ultime settimane, arrivano segnali di distensione tra l’ordine dei medici e la Regione. Con l’Anaao pronta al ricorso contro le due delibere di Ferragosto, per Filippo Anelli (presidente Fnomceo) «solo dal dialogo con i professionisti della salute possono nascere soluzioni condivise».
Ma se il piano di assunzioni risponde a esigenze nell’immediato, programmare le borse di studio per la specializzazione è l’obiettivo di palazzo Balbi per il futuro. Oggi sono 90 con un costo di 10 milioni, quelle riservate ai residenti in Veneto autorizzate dal Miur: poche – secondo la Giunta – rispetto alle esigenze. E così, pur di far specializzare i medici, lo sguardo è rivolto alle scuole di formazione in Europa. Lo prevede lo stesso piano socio sanitario. Negli ultimi giorni era circolato il nome di Lubiana (i cui corsi durano tre anni), poi smentito. «Nulla di concreto – commenta Fabrizio Boron, presidente della quinta commissione – ma non c’è dubbio il problema esista. L’unica strada è una programmazione autonoma, per evitare che i medici fuggano all’estero o in cliniche private». —
Eugenio Pendolini – IL Mattino di Padova