«Non va contro qualcuno o contro altre leggi. E poi è solo un caso se arriva ora in Parlamento: noi l’abbiamo pensata in occasione del Primo Maggio, la Festa dei lavoratori ». Il sottosegretario leghista Claudio Durigon prova a non gettare benzina sul fuoco che in questi giorni infiamma i rapporti tra Lega e M5S. Ma, certo, i quattordici articoli della proposta di legge “Disposizioni in materia di occupazione” che piomberanno in settimana sul tavolo della Commissione Lavoro della Camera, apriranno un nuovo fronte all’interno della maggioranza di governo. «Il Decreto dignità è stato una buona cosa, e lo dimostra l’aumento dei contratti a tempo indeterminato — spiega Durigon — . Adesso serve una messa a punto, in particolare per frenare il forte turn-over generato in certi settori». L’esigenza del “tagliando” si trasforma, però, in un decreto Dignità bis, questa volta firmato Lega, confermando la diversità di visione tra i “soci” dell’esecutivo, in tema di lavoro e impresa. Durigon minimizza, ma le polemiche su salario minimo, Ilva, Autostrade, vanno al di là di semplici schermaglie politiche, schierando Salvini & co. dalla parte delle aziende.
«Semplificazione della gestione dei rapporti di lavoro e del recupero crediti, incentivazione del lavoro femminile, contrasto alle false cooperative »: ecco in sintesi i “titoli” della pdl 1818 (prima firmataria Elena Murelli) che nell’articolo 4 entra con decisione nel campo del decreto Dignità allentando la morsa delle “causali” re-introdotte dal provvedimento del vicepremier Luigi Di Maio. Oggi le causali sono obbligatorie nei contratti a termine all’eventuale rinnovo dopo i primi 12 mesi “liberi”, un vincolo che secondo la Lega ha determinato il boom del turn-over alla scadenza del primo anno di contratto. L’articolo 4, dunque, prevede che «i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, possano introdurre nuove ipotesi di causali che permettano la stipula di contratti a termine ». Musica per le orecchie degli imprenditori e, con il richiamo alla contrattazione, per i sindacati. Molto meno, ovviamente, per Di Maio.
La proposta di legge sconfina anche nel reddito di cittadinanza, introducendo nell’articolo 5 un percorso per i beneficiari del reddito che consenta di trovare lavoro in settori diversi da quelli di provenienza dell’interessato. Previsto, inoltre, un pacchetto di misure a favore del lavoro femminile: decontribuzione, con un tetto di 36 mesi e di 3000 euro annui, per l’assunzione delle donne; proroga a tutto il 2020 dei requisiti del prepensionamento “Opzione donna”, con l’introduzione di una contribuzione figurativa per i periodi di assenza dal mercato del lavoro per dedicarsi alla famiglia; incentivazione contributiva per il part-time legato a esigenze familiari delle lavoratrici; incentivi alle imprese per nidi e doposcuola aziendali. E ancora, senza distinzione di genere, innalzamento da 3000 a 5000 del tetto e abbassamento dal 10 al 5% dell’imposta, per i premi di risultato; sempre sui premi di risultato, incentivi anche nella pubblica amministrazione.
Nell’articolo 13 un corposo intervento per combattere le false cooperative: tra l’altro, nei casi di appalto si innalza da 2 a 5 anni il periodo di responsabilità solidale del committente con lavoratori e enti previdenziali. Prevista per tutte le tipologie di aziende, infine, una semplificazione delle procedure di recupero crediti verso Inps e Inail, e quella in materia di responsabilità solidale negli appalti. Insomma, una vera e propria manovra sul fronte del lavoro che, a detta della stessa Murelli, non creerebbe problemi con il M5S: «Ho inviato il testo alla loro capogruppo — dice la deputata leghista — ne parleremo nei prossimi giorni. Comunque, queste sono le idee della Lega, Matteo Salvini ci aveva chiesto di presentarle in occasione del Primo Maggio». In settimana si capirà se si tratta davvero di una festa per i lavoratori.