A Bruxelles, dove la commissione deciderà il da farsi il prossimo 2 luglio dopo lo scontato rinvio di ieri, occorrerà mandare anche impegni sul 2020. Per il momento i leader di maggioranza, con il vicepremier leghista Salvini in testa, continuano a mostrare la faccia feroce e a negare la disponibilità a offrire subito garanzie. Ma al ministero dell’Economia circola una certa fiducia sulla possibilità di trovare a Roma un’intesa che eviti la bocciatura a Bruxelles.
«Non vedo ostacoli per un accordo con la Ue», sostiene il ministro dell’Economia Tria in mattinata dal seminario internazionale di Economia organizzato dall’Università di Tor Vergata. E qualche luce arriva anche dalla Lega. «Le notizie che ho io sono migliori di qualche giorno fa», conferma il sottosegretario a Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti, rilanciando le ipotesi di «qualche proroga nei tempi» in un quadro nel quale «c’è la volontà reciproca di arrivare a una soluzione positiva». Perché anche il calendario è fondamentale nell’incrocio con le tensioni italiane: evitare una decisione il 9 luglio potrebbe spostare la partita in autunno, “congelando” una delle armi più minacciose nelle mani di chi è tentato di far saltare il banco del governo.
Il tema-conti è entrato anche nei vertici di governo di ieri sera, dove però a dominare è stato l’ennesimo difficile braccio di ferro fra Lega ed M5s sull’autonomia differenziata e sulla revoca delle concessioni autostradali. Ma il confronto e le decisioni finali sono attese per stasera al consiglio dei ministri, dopo che in mattinata la parifica della Corte dei conti sul rendiconto statale 2018 offrirà a Tria il presupposto tecnico indispensabile per rinfrescare il bilancio.
Bilancio che mostra un rientro «in modo naturale entro livelli di sicurezza del deficit», dice Tria. Aggiungendo che «non c’è bisogno di tagliare nulla dei programmi di spesa già approvati». All’atto pratico, Via XX Settembre attuerà le «variazioni di bilancio» previste dalle regole dell’assestamento (articolo 33, comma 2 della legge di contabilità) sulla base delle dinamiche dei primi sei mesi. Il primo aggiustamento riguarderà le maggiori entrate prodotte dal fisco e dai dividendi di Bankitalia, Cdp e delle partecipate. Insieme ai due miliardi già tagliati ai ministeri con la clausola della spesa, utilizzati nel Def per fermare il deficit al 2,4% (la Ue lo calcola invece al 2,5%), le entrate darebbero un aiuto da almeno 3 miliardi portando il deficit verso quota 2,2%. Ma le carte italiane, conferma direttamente Tria, puntano a «dimostrare alla Commissione europea» i «risparmi» da reddito di cittadinanza e pensioni, e indicare un deficit almeno al 2,1%, grazie agli 1,3 miliardi non spesi nei primi sei mesi. Ma nel dossier si dovrebbe in realtà puntare a un più rotondo 2%, proiettando sull’intero anno una mancata spesa fino a 3 miliardi per le due misure-bandiera. In tutto, insomma, Roma offrirebbe sui saldi di quest’anno 5 miliardi già acquisiti (i due della clausola Tria e i tre di maggiori entrate rispetto al previsto), e altri 2-3 miliardi considerati “sicuri” come residuo da reddito e pensioni.
Sul fatto che queste risorse vadano a migliorare i saldi 2019, senza quindi trovare destinazioni di spesa alternative, i dubbi sono scomparsi. Del resto lo prevedeva la manovra, e lo confermano le regole dell’assestamento (sempre all’articolo 33). Sulle prospettive del 2020 le discussioni nella politica sono ancora in corso, e il via libera ufficiale per ora non c’è. Ma lo stesso Salvini risponde con un secco «no» a chi gli chiede se la Flat Tax sarà finanziata anche dai risparmi sul reddito. Tenendosi aperte tutte le strade.