Non ha colto di sprovvista i medici, l’annuncio della Regione che ci vogliono 15 anni, dal 2020 al 2034, per realizzare il nuovo ospedale di Padova est e rimodernare l’esistente. «Stiamo aspettando da vent’anni una decisione in merito e ora dovremo attenderne altri quindici per vedere la cittadella sanitaria del futuro — dice Giampiero Avruscio, presidente Anpo (primari) e primario di Angiologia in Azienda ospedaliera — la colpa è dei politici padovani. Hanno frenato il progetto, ritardando fino all’ultimo la scelta dell’area. C’è da vergognarsi di una gestione simile di un bene comune come la sanità da parte della politica. Nel complesso ormai superato di via Giustiniani i pazienti devono sopportare disagi continui e il personale fare i salti mortali per tamponare falle di ogni genere».
Avuscio elenca i problemi più evidenti, a partire dalla dispersione dei reparti fra tanti edifici, che arriva alla follia di dislocare parte di una specialità in uno e il Day Hospital e gli ambulatori in un altro. Con continui pellegrinaggi o trasporti in ambulanza dei malati e ulteriore aggravio di lavoro per il personale, già carente (nel Veneto mancano 1300 medici e almeno mille infermieri). «Perdiamo tempo ad aspettare il paziente, esposto a maggiori rischi — osserva Avruscio — non solo per il freddo d’inverno ma anche perché una diagnosi o una terapia ritardata possono incidere sulla prognosi. Così come i letti bis e ter in corridoio nelle Medicine. E poi mancano spazi, al punto da dover stare in quattro o cinque in un unico studiolo ed essere costretti a chiedere agli altri di uscire quando arriva un informatore farmaceutico. Ormai siamo medici di clausura — chiude il primario — sappiamo quando entriamo la mattina ma non quando torneremo a casa. Siamo costretti a fare le guardie a 60 anni».
In linea Adriano Benazzato, segretario regionale dell’Anaao Assomed (ospedalieri), che vanta un passato in Azienda ospedaliera. «E mi ricordo bene come si lavora lì — spiega — arrivi in reparto già nervoso, perchè per il personale non ci sono parcheggi e quindi non sai dove lasciare l’auto. Poi inizia il caos: cantieri sempre aperti per tenere in piedi una struttura vetusta e bisognosa di continue toppe, col risultato di far respirare le polveri ai pazienti. Senza contare che non c’è un’unica piastra operatoria, quindi anche per la Chirurgia la dispersone di tempo e risorse è una piaga. Sono solo due esempi di una situazione colpa della politica cittadina e dei baroni universitari, che vent’anni fa non vollero lasciare l’ospedale di via Giustiniani. Tenuto lì — aggiunge Benazzato — anche da chi ha avuto interesse ad alimentare l’indotto commerciale circostante e a favorire le imprese impegnate nella perenne ristrutturazione». Sui tempi di realizzazione, nessuna sorpresa: «Conosco bene la burocrazia, ero capogruppo Dc in consiglio comunale ai tempi di Tangentopoli».
Altri dubbi attanagliano invece Claudio Sinigaglia (Pd), componente della commissione regionale Sanità: «Mi preoccupa l’aver affidato all’Inail (che stanzia 450 milioni di euro, ndr ) la costruzione del nuovo ospedale. Un conto è avere il controllo diretto dei lavori, dall’inizio alla fine, un altro doversi fidare di un soggetto terzo, per quanto pubblico».
Corveneto