Il «Piano Marshall» per trovare camici bianchi da impiegare negli ospedali veneti è sul tavolo di due ministeri: quello della Sanità e del Miur. Parola del sottosegretario alla Sanità, il veronese Luca Coletto. «L’emergenza c’è, e c’è tutta. Nel giro di un mese, un mese e mezzo, con il primo vettore normativo disponibile, vareremo due norme che metteranno un primo freno alla drastica carenza di medici ma la prima risposta c’è già: 2.000 borse di studio statali in più. Di cui circa 200 per il Veneto». Un annuncio accolto come la prima, vera, buona notizia da parte delle due Scuole di Medicina delle università di Padova e Verona che, ad oggi, potevano contare la prima su 314 borse statali e 60 regionali, la seconda su 238 statali e 30 regionali per un totale di 552 da Roma e 90 dalla Regione. A tenere banco sulla stampa nei giorni scorsi, la scelta di assumere una decina di medici di Timisoara, in Romania, per i reparti dell’Usl trevigiana data la drastica mancanza di medici. Quello che ieri il governatore Luca Zaia ha definito «un fallimento» visto che le «borse di studio per gli specializzandi non sono sufficienti». Di fatto, le borse ancora non sono sufficienti ma è un primo passo.
Il «Piano Marshall» di cui sopra, però, è più articolato di così. Dopo la seconda riunione fra Sanità e Miur, oltre all’aumento dei fondi da parte del Mef, il ministero dell’Economia e delle Finanze, per le borse degli specializzandi, gli obiettivi sono quattro. «Premetto che parliamo di punti già presenti nel Piano della Sanità del 2014 e mai attuati, la responsabilità ricade sui governi del Pd, allora il Miur non era collaborativo, ora con Marco Bussetti, lo è – spiega Coletto – ma venendo all’oggi: l’idea è di rallentare Quota 100 per i medici. Naturalmente su base volontaria, alcuni medici potrebbero decidere di restare al lavoro».
Per incentivare il pensionamento posticipato, il ministero sta pensando a una serie di agevolazioni, ad esempio orari flessibili. E la risorsa dei camici bianchi più agés si estende anche al progetto di modificare la Madia. «Ma ci rendiamo conto – dice Coletto – che permettendo ai medici in pensione di operare solo presso strutture accreditate e non nel pubblico si configura un anomalo vantaggio competitivo? Cambieremo la norma». E poi, ancora, cammina l’idea di consentire agli specializzandi dal secondo anno di lavorare, supervisionati, in corsia ma anche agli 800 medici di medicina generale di essere utilizzati per la cura dei codici bianchi in Pronto soccorso. Uno degli snodi restano le Scuole di Medicina. Mario Plebani, guida la più numerosa, quella del Bo: «Il problema è molto semplice: il finanziamento dei contratti per gli specializzandi non basta. Non c’entra il numero chiuso tanto che sia noi che Verona siamo già disponibili ad aumentare il numero di matricole di un 20%. Il problema è che ogni anno almeno 3.500-4.000 laureati non riescono ad accedere alla scuola di specialità, il problema è al Mef. Le 2.000 borse di studio in più sono un buon segnale. Non scordiamo che molti colleghi formati qui vanno all’estero perché gli stipendi sono troppo bassi. Eppure la formazione ha standard molto alti e criteri molto rigidi». Sulla stessa linea Domenica De Leo a capo della Scuola di Medicina di Verona: «Per le specializzazioni la nostra scuola ha dato disponibilità ad aumentare il numero degli iscrivibili. Il punto critico di tutta la questione è la possibilità di una formazione specialistica parallela, cioè affidata all’ambiente ospedaliero. C’è il rischio di creare un doppio percorso e per primi lo contestano i medici iscritti alle scuole di specializzazione. Meglio affidare il governo di questa formazione complessiva alle università per preservare una garanzia di qualità». Critica la deputata dem Alessia Rotta: «La Lega sovranista assume medici in Romania. È la legge del contrappasso».
IL Corriere del Veneto