Medici veneti sottopagati rispetto ai colleghi di altre regioni, corteggiati dal privato o pronti a emigrare all’estero. E intanto le corsie degli ospedali pubblici del Nord Est si svuotano. Sulla differenza in busta paga denunciata dai sindacati dei medici interviene il governatore Luca Zaia e si fa un nodo al fazzoletto.
GAP SALARIALE. «I conti non tornano. Il contratto nazionale è unico per tutti, cercheremo di capire perché i nostri medici sono pagati meno degli altri», promette il governatore. Palazzo Balbi è l lavoro per analizzare il gap sugli stipendi. L’Anaao è tornata a denunciare il fatto che i sanitari veneti siano «i meno retribuiti del Paese». Con differenze sostanziali di salario «visto che i medici del Sud guadagnano in media il 20% in più». Per non parlare di ciò che accade in Europa. Se qui lo stipendio medio è di 2.500 euro, in Germania si sale a 4.000, in Francia a 5.500. «L’unico modo per capire se i medici veneti siano meno pagati degli altri colleghi italiani è conoscere lo stipendio delle varie figure professionali e fare un confronto, non vorrei che i numeri forniti da chi denuncia siano calcolati dividendo l’ammontare degli stipendi per il numero di medici», prosegue Zaia. Così facendo il risultato apparirebbe falsato dalla quantità di primari: più sono e più alzeranno il valore della retribuzione media territoriale. «Comunque il Veneto è la quarta regione per qualità del pagamento, ma se c’è da dare di più lo daremo volentieri agli stipendi di chi lavora in sanità», prosegue.
TAGLI OSPEDALIERI. Altro fronte riguarda le condizioni di lavoro nel Servizio Sanitario Regionale. Nell’analisi delle nuove schede ospedaliere condotta dall’Anaao, l’Usl 2 perderà 152 posti letto per acuti a gestione pubblica rispetto alla programmazione 2013, mentre il privato ne guadagnerà 59. «Un madornale errore programmatorio», commenta il sindacato, «che nella situazione attuale di forte carenza di medici specialisti e di infermieri ha portato il programmatore regionale a proporre le “equipe itineranti” di medici su più sedi. Questo nomadismo sanitario è una forzatura rischiosa sul piano clinico e va a discapito della sicurezza dei pazienti». (V.C.)
LA TRIBUNA DI TREVISO – Sabato, 13 aprile 2019