Undici giorni dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri con lo stratagemma del «salvo intese», il dl Crescita è ben lontano dall’approdare sulle pagine della Gazzetta ufficiale. A dispetto della Costituzione, che autorizza il ricorso al decreto legge esclusivamente «in casi straordinari di necessità ed urgenza», il testo del provvedimento che contiene misure fiscali, incentivi per le imprese e rimborsi ai truffati delle banche, continua a rimbalzare tra Palazzo Chigi e i ministeri interessati: Economia, Sviluppo e Lavoro.
È in questo triangolo di stanze e corridoi che il decreto si è inceppato, alla ricerca di coperture ancora mancanti e anche per colpa dell’antico, italico malcostume di infilare in corsa nuove norme «spot», fino all’ultimo secondo utile. L’ultimo «blitz» lo avrebbe tentato il ministro leghista delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio, che voleva metterci dentro una norma sul turismo che gli stava a cuore e di cui in Cdm pare non si fosse parlato.
Tre giorni fa il ministro Giovanni Tria dichiarava al Messaggero che il dl Crescita e lo Sblocca-cantieri «sono pronti grosso modo al 98%» e, sulla tempistica del rimanente due per cento, azzardava un pronostico: «Presumo che entro la settimana la Ragioneria potrà procedere con la bollinatura e a quel punto mancherà solo la firma del capo dello Stato». Un ottimismo che, salvo improbabili colpi di scena, sarà smentito. Se lo Sblocca—cantieri è effettivamente pronto per il visto della Ragioneria, la crescita è destinata a slittare ancora.
Giuseppe Conte ha tranquillizzato i cittadini truffati e promesso «la liquidazione diretta e comunque rapida degli indennizzi a tutti i risparmiatori», eppure anche a Palazzo Chigi temono che prima di maggio il decreto non vedrà la luce. Tanto che il premier avrebbe chiesto agli uffici e ai ministri di «lavorare anche di sabato e domenica». Calendario alla mano, i giorni lavorativi da qui a fine mese sono meno di dieci, intervallati dalle festività pasquali, dai ponti e dal consiglio dei ministri di giovedì prossimo in Calabria. «Il testo finale ancora non c’è, le fibrillazioni sui singoli capitoli sono ancora forti e la bollinatura non è all’orizzonte — ammette un esponente del governo che ha in mano il dossier — Pensare che possa arrivare in Gazzetta a fine aprile non è realistico».
Imprese
Mini-Ires, l’aliquota oggi al 24% scenderà dal 22,5 nel 2019 al 20,5% nel 2022
Raccontano al Mef che Luigi Carbone, il nuovo capo di Gabinetto di Giovanni Tria, sia in forte pressing per conto del ministro sugli altri dicasteri coinvolti, entrambi guidati da Luigi Di Maio. Se i tecnici del Tesoro sospettano che al Mise siano «in alto mare con le coperture», nelle stanze del capo politico del M5S se la prendono con Tria e con i tecnici del Mef, autori di circa 35 norme. Una competizione che di certo non aiuta ad accelerare i tempi.
Le imprese aspettano di sapere quale impatto avrà la nuova «mini—Ires». Se le ultime limature al testo saranno confermate, l’aliquota (oggi al 24%) scenderà al 22,5 per il 2019, al 21,5% per il 2020, al 21% per il 2021 e al 20,5% per il 2022.
Tensione alta nel governo anche sui cosiddetti «Boc salva Roma», i titoli di Stato congegnati dal M5S per cancellare il debito di Roma capitale. La Lega accusa gli alleati di voler fare «un regalo milionario» alla Città eterna. E la sindaca Virginia Raggi smentisce: «Non facciamo sborsare un euro in più allo Stato. Anzi facciamo risparmiare agli italiani e ai romani 2,5 miliardi di euro, tagliando i folli tassi di interesse delle banche su quei 13 miliardi di debito che hanno fatto le precedenti amministrazioni».
Il Corriere della SEra