Altro che nonni in camice bianco. Anticipando la delibera del governatore Luca Zaia che autorizza le Ulss a ricorrere alle prestazioni di medici in pensione per tappare le falle in corsia – una «misura estrema» ieri imitata dal Friuli Venezia Giulia a guida leghista – svariate aziende sanitarie hanno già “reclutato” veterani over 65, esponendosi al rischio di danno erariale pur di evitare la paralisi delle cure: «È vero», conferma Francesco Noce, il chirurgo che presiede la Federazione degli Ordini dei medici, chirurghi e odontoiatri del Veneto «all’ospedale di Rovigo, ad esempio, il ricorso ad un pneumologo in quiescenza, valente e ancora attivo, ha scongiurato la chiusura del reparto. È un’opzione eccezionale, che noi non contrastiamo purché sia limitata nel tempo e subordinata ai canali di reclutamento concorsuale. In ogni caso, il nodo cruciale resta l’insufficienza di borse di studio di specialità, circostanza che relega troppi laureati ai margini della sanità pubblica. Abrogare il test d’ingresso universitario? No, il numero programmato va mantenuto perché l’offerta di aule, docenti e cliniche non è in grado di sostenere l’accesso incontrollato. Semmai l’attuale quiz potrebbe essere sostituito da prove scritte e orali più pertinenti alla disciplina medica». Specialità in sofferenza. Certo è che la carenza di personale medico ha raggiunto livelli di guardia. Secondo i report della Regione, all’appello mancano circa 1300 professionisti – cifra destinata a lievitare alla luce dei pensionamenti incentivati da Quota100 – mentre Azienda Zero bandisce concorsi a go go: in larga parte disertati, raccolgono al più un pugno di candidati. I maggiori squilibri investono l’Ulss Scaligera (189), il Padovano con l’Azienda Ospedaliera (153) e l’Ulss Euganea (139) in debito d’ossigeno, la Dolomitica a Belluno (153) e la Serenissima nel Veneziano (149); né la Marca Trevigiana (140) è immune dalle criticità. Tra le specialità più carenti spicca pediatria (227), tallonata da medicina di emergenza/urgenza, internisti e radiodiagnostici. LA CISL: «È UN PANNICELLO». Tant’è. Se Zaia conta sul “richiamo alle armi” dei congedati (peraltro già attivi in gran numero nel privato) per scongiurare l’interruzione di pubblico servizio, la Cisl Medici – per voce di Biagio Papotto – giudica il provvedimento «un pannicello più tiepido che caldo» che «non risolve un problema sempre più drammatico» a fronte di «evidenti errori di programmazione aggravati dal blocco decennale degli stipendi». La proposta alternativa. Drastica l’Anaao-Assomed che impugna davanti al Tar l’atto «incomprensibile e illecito», confidando nell’annullamento: «Non abbiamo contestato il ricorso sporadico a colleghi in quiescenza ma è assurdo generalizzare il conferimento di incarichi a persone che, per età e logorìo, non saranno in grado di assicurare notturni, guardie e festivi», commenta Adriano Benazzato, il segretario veneto dell’associazione «la via maestra è quella di assumere i giovani specializzandi all’ultimo anno, in Veneto ce ne sono diverse centinaia, che hanno il diritto di partecipare alle procedure concorsuali. Lo prevede esplicitamente la legge di bilancio, chi invoca un atto parlamentare a riguardo, è disinformato oppure in malafede». (Filippo Tosatto)
LA NUOVA VENEZIA – Venerdì, 29 marzo 2019