Nicola Pinna. La battaglia del latte si gioca su più fronti. Quello ufficiale, con una trattativa che ancora sembra lontana dalla soluzione finale, e quello più pericoloso degli assalti armati organizzati nelle campagne. L’ultimo è di ieri mattina e il blitz organizzato dai due incappucciati che hanno bloccato e incendiato una cisterna del latte sembra essere un messaggio a chi oggi deve continuare a discutere del prezzo del latte.
Le proteste, quelle che hanno trasformato le strade della Sardegna in un fiume bianco, sono sospese da alcuni giorni ma la tensione negli ovili è altissima. E i pastori si sentono già abbandonati: «Prima delle campagna elettorale – ha denunciato Andrea Mulas, uno dei rappresentanti del movimento – siamo stati tenuti in massima considerazione, una volta passate le elezioni sembra che nessuno si ricordi più di noi. Abbiamo fatto molte telefonate senza risposta». Ma il neo governatore di centrodestra Christian Solinas rassicura subito: «Non sono ancora stato proclamato presidente ufficialmente e considero quello del latte il primo problema da affrontare».
Tensione alle stelle
Oggi dunque la discussione riparte con un carico di tensione aggiuntiva. E su questo peserà molto la preoccupazione degli industriali, che da settimane rischiano che le loro cisterne vengano bloccate in mezzo alla campagna, svuotate e incendiate.
Alcune aziende hanno persino ingaggiato i vigilanti armati, ma è difficile prevedere quali siano le zone più a rischio. Ieri mattina, infatti, il blitz si è ripetuto con la stessa tecnica dei giorni scorsi.
In due, con un fucile in pugno e il viso nascosto sotto un passamontagna, hanno bloccato il camioncino e costretto il conducente a scendere. L’idea iniziare era quella di legarlo all’albero ma la sua reazione ha sorpreso la banda e i due si sono limitati a incendiare l’autocisterna.
«Questi blitz non c’entrano con la nostra vertenza, anzi chi li organizza ci fa solo un danno», dicono gli altri pastori, quelli che si presentano agli incontri ufficiali e che da oltre un mese guidano a viso scoperto la rivolta civile delle campagne. La loro mobilitazione per ora è in stand-by, perché in centinaia hanno deciso che prima di far ripartire le proteste di piazza si potesse attendere l’incontro di oggi. Sullo stesso tavolo ci saranno i rappresentanti degli allevatori e gli industriali del pecorino: i primi chiedono che ogni litro di latte venga pagato almeno 80 centesimi di euro, gli altri considerano i 72 centesimi l’ultima offerta possibile.
Una distanza che appare incolmabile e proprio sul prezzo si sono fermati gli ultimi incontri tra le parti. Oggi si riaprirà il braccio di ferro. «La gente non può ancora aspettare promesse – dice Gianuario Falchi, un altro rappresentante dei pastori – Abbiamo bisogno di stabilità e di sapere che il prezzo minimo sia di 80 centesimi e che possiamo tornare al nostro lavoro tranquillamente».
La Stampa