Il Movimento Cinque Stelle sull’orlo di una crisi di nervi. La Lega attendista, in difficoltà nel destreggiarsi tra la difesa di Salvini e l’insofferenza della base. Il ministro degli Affari regionali Erika Stefani costretta a guardarsi le spalle dagli attacchi degli alleati, pronti a sfiduciarla. Il governatore Luca Zaia incalzato da quanti lo invocano alla testa di una manifestazione che nasce a favore dell’autonomia ma facilmente potrebbe diventare contro l’esecutivo giallo-verde.
Anche ieri, insomma, è stato «saloon autonomia», una rissa continua. E vien da chiedersi, arrivati a questo punto, che ci capiscano i cittadini, a cominciare da quelli che il 22 ottobre 2017 andarono a votare a favore della riforma. «Martedì, alle 10, riunirò a Palazzo Grandi Stazioni la Consulta – prova a mettere ordine Zaia – e lì renderò nota la bozza d’intesa preparata insieme al governo. I continui rinvii? Credo che il premier Conte sia stato improvvido nell’indicare durante la conferenza stampa di Natale due date precise (il 15 gennaio, termine per l’istruttoria tecnica, e il 15 febbraio, termine per la firma dell’intesa, ndr .) perché sapevamo che il lavoro sarebbe stato lungo e per nulla facile». Anche Salvini, però, ci ha messo del suo: ha appena indicato fine anno come orizzonte… Zaia, introdotto a Palazzo Ducale, durante la presentazione delle celebrazioni dei 400 anni di Francesco Morosini, come «colui che governa la più parte dell’entroterra che fu della Repubblica Veneta», non fa una piega: «Massì, il 2019 sarà l’anno dell’autonomia. Noi comunque continuiamo a lavorare e non molliamo un centimetro di quelli fin qui conquistati. Sia chiaro: che sia un sì o un no il governo deve darci una risposta, lo dice la Costituzione».
Quanto alla manifestazione che starebbero tentando di organizzare alcuni leghisti capitanati dall’ex assessore regionale Marino Finozzi e alcuni indipendentisti guidati dall’avvocato Alessio Morosin, Zaia concede: «È un’ulteriore elemento di promozione dell’autonomia, per farsi sentire, dunque va bene. Sapete come si dice no?, tutto quello che non strozza, ingrassa…». Ma subito precisa: «Si tratta comunque di un’iniziativa a cui io guardo da fuori. È un corteo libero, auto-organizzato, se lo vogliono fare, lo facciano ma attenzione a non confondere i piani: la vera manifestazione per l’autonomia è già stata fatta il 22 ottobre 2017 e hanno partecipato in 2 milioni».
Intanto in consiglio regionale l’alfiere degli indipendentisti, Antonio Guadagnini, ripropone la legge – già bocciata dalla Consulta – per l’indizione di un referendum sulla secessione («Può essere un efficace strumento di pressione nei confronti dei ministeri renitenti e dell’apparato di potere romano che sta ostacolando la riforma»), mentre a Roma anonimi parlamentari del M5S vanno all’attacco di Stefani: «Sulle Commissioni paritetiche per l’Autonomia è necessario garantire la massima condivisione mentre il ministro sta avanzando in solitaria. Con la decisione di procedere alle nomine senza il minimo confronto la Stefani rischia di causare l’intoppo di tutto l’iter e minare la sua stessa credibilità». Sarebbe compromessa, proseguono gli anonimi, anche «la fiducia sul piano politico che deputati e senatori possono riporre» nel ministro. «Serve un immediato cambio di passo».
Gelida la replica da via della Stamperia: «Non esiste allo stato attuale alcuna commissione paritetica». La prevede, questo sì, la bozza dell’intesa, che però dovrà essere approvata dal parlamento. «Come da prassi i componenti saranno nominati dal ministro degli Affari Regionali, su indicazione dei ministri competenti». Ma che il nervosismo sia alto in casa Cinque Stelle lo dimostra pure il gesto del deputato Federico D’Incà, che in diretta tivù ha strappato il dossier contro l’autonomia, quello dei «cittadini di serie A e di serie B», attribuito al M5S: «Ecco come si fa – ha detto D’Incà – perché sono cazzate. Qualcuno del Sud ha preparato e fatto girare questo foglietto. Io con loro ho discusso, e comunque nell’accordo per il nostro governo c’è scritto che l’autonomia si fa, e si farà».
Il Corriere del Veneto