Roberto Giovannini, La Stampa. «Non c’è nessuna riforma della Fornero. Con quota 100 si accontenta un pezzo del mondo del lavoro, ma si discriminano le donne, i lavoratori agricoli, del commercio e dell’edilizia. Proprio quelli che hanno una carriera discontinua sono esclusi da quota 100. Una misura che invece viene finanziata togliendo risorse ad altri pensionati, che hanno sempre pagato tasse e contributi, e senza colpire chi evade il Fisco. Non mi pare una grande invenzione degna di un governo di vero cambiamento, ma piuttosto un vecchio trucco copiato da altri governi». Ivan Pedretti, segretario generale del potente esercito dei pensionati dello Spi-Cgil, è molto arrabbiato col governo gialloverde per il blocco della rivalutazione delle pensioni.
Dai vostri calcoli, in tre anni il taglio alla rivalutazione delle pensioni rispetto all’inflazione sottrarrà 3,3 miliardi. Quelli più penalizzati sono i pensionati che ricevono dalle 3 alle 7 volte il minimo. Di che assegni stiamo parlando?
«Tre volte il minimo significa 1.500 euro lordi al mese, ovvero 1.200 euro netti. Fino a 5 volte significa 3.000 euro lordi, ovvero un assegno di 2.400-2.500 netti al mese. Non parliamo di pensioni d’oro: parliamo di pensioni medie, di persone che già sono state impoverite, e lo saranno ancora di più: il blocco della rivalutazione fu introdotto nel 2011 da Monti, e oggi viene ribadito dal governo Lega-Cinque Stelle».
Il governo dice che il taglio è più equo di quello del governo Letta.
«Un pochino. Ma noi con l’accordo del 2016 avevamo riconquistato il meccanismo del 2000 di rivalutazione, più equo. E dunque c’è un netto peggioramento della situazione. Un pensionato perde oggi a causa del blocco della rivalutazione, ma perde anche per il futuro, perché considerando l’aspettativa di vita e l’inflazione vede ridursi il potere d’acquisto della sua pensione».
Soldi che vengono usati dal governo per fare altre spese.
«Ci usano come un bancomat. Facile fare quota 100 così, togliendo soldi ai pensionati – non poveri, ma comunque con redditi medio-bassi – per darli ai pensionati di domani. Le risorse si dovevano prendere altrove, dalle grandi rendite e dall’evasione fiscale. Non so se quei soldi finiranno invece per pagare il reddito di cittadinanza, ma poco conta: si tolgono soldi a cittadini che hanno pagato e pagano le tasse, e si continua a impoverire una fascia a reddito medio-basso».
Avete discusso di queste misure col governo?
«Avevamo chiesto un incontro, non c’è mai stato. Peraltro, inizialmente il taglio alla rivalutazione non era previsto; l’hanno tirato fuori per risolvere lo scontro interno alla maggioranza e il conflitto con l’Europa. Come i loro predecessori hanno preso i soldi dov’era più facile».
Come sindacati dei pensionati avete programmato delle iniziative di protesta. Quali?
«Da domani faremo presidi davanti le Prefetture. E tra gennaio e febbraio organizzeremo una grande mobilitazione, che si incrocerà con le iniziative di Cgil-Cisl-Uil».
Su quota 100 almeno date un giudizio positivo?
«È una risposta molto parziale. È stata premiata solo una fascia di lavoratori, in uscita dalle grandi imprese del nord e dal pubblico impiego. Resta il problema gravissimo delle giovani generazioni, che dopo una carriera di lavoro precaria rischiano di avere pensioni bassissime. Piuttosto che quota 100, sarebbe stato meglio varare una vera pensione di garanzia per i giovani. E si doveva proseguire sul riconoscimento del lavoro usurante, perché non è vero che tutti i lavori sono uguali, e che tutti devono andare in pensione alla stessa età».
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