«”Quota 100” partirà subito e senza penalizzazioni», ci tiene a dire il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon (Lega). Detto questo, bisogna anche spiegare le modifiche a questa proposta con le quali il governo punta ad evitare che la Commissione Ue apra una procedura d’infrazione contro l’Italia. E qui Durigon anticipa: «Per “quota 100”, nel 2019, basteranno circa 4,7 miliardi, cioè 2 in meno di quanto abbiamo stanziato nel disegno di legge di Bilancio. Inoltre, mandiamo a Bruxelles un messaggio importante».
Quale?
«Che questa misura non è strutturale, ma avrà una durata triennale, per svuotare il bacino dei lavoratori bloccati dalla riforma Fornero».
Lei prevede che ci saranno clausole di salvaguardia per non spendere di più dei 4,7 miliardi?
«Stiamo verificando, ma non dovrebbero essere necessarie, perché col meccanismo delle “finestre”, le prime pensioni saranno pagate ad aprile. Per il 2020 e il 2021 prevediamo uno stanziamento di circa 8 miliardi per coprire l’intero anno».
Come sarà «quota 100»?
«Nel 2019 potranno lasciare il lavoro coloro che avranno almeno 62 anni d’età e 38 di contributi. Chi maturerà i requisiti entro gennaio, aspetterà tre mesi per ricevere il primo assegno, quindi, ad aprile. Chi li maturerà a febbraio prenderà la prima pensione a maggio e così via».
Quindi cosa accadrà ai dipendenti pubblici? Dovranno aspettare di più?
«Sì. Alla finestra si aggiungerà un preavviso di altri tre mesi, per consentire alla pubblica amministrazione di programmare le sostituzioni. Quindi i pubblici che raggiungeranno “quota 100” entro gennaio prenderanno la pensione a luglio, chi maturerà i requisiti a febbraio la prenderà ad agosto e così via».
Quanti dovrebbero beneficiare della possibilità di andare in pensione prima? Quanto ampia sarà la platea di riferimento?
«La platea potenziale è di circa 350 mila lavoratori nel 2019, ma non tutti sceglieranno di andare in pensione».
Manovra per la crescita
I dati sul Pil dimostrano la necessità di varare una manovra di sostegno alla crescita
Anche perché uscendo dal lavoro prima la pensione sarà più leggera. Avete intenzione di mettere anche il divieto di cumulo?
«Sì, non si potrà cumulare con redditi superiori a 5 mila euro. Il divieto durerà in rapporto all’anticipo di pensionamento. Se uno va via un anno prima dell’età per la vecchiaia, cioè a 66 anni, il divieto di cumulo avrà la durata di un anno. Se uno anticipa di due anni, lo stesso durerà il divieto, e così via fino a 5 anni di divieto per chi uscirà a 62 anni. Lo facciamo per favorire l’assunzione dei giovani».
Lo sa anche lei che non ci saranno tante assunzioni quanti prepensionamenti.
«Nel pubblico impiego ci proponiamo un turn over al 100%, nel privato potrebbe essere di meno, ma l’effetto sarà comunque positivo».
Alla fine dell’anno scade il meccanismo di perequazione delle pensioni al costo della vita definito dal governo Letta e dovrebbe tornare in vigore quello precedente, più generoso. Sarà così?
«No. Stiamo mettendo a punto un meccanismo di raffreddamento dell’indicizzazione, in particolare per le pensioni più alte, mentre per quelle più basse dovrebbe essere vantaggioso».
Potrebbe servire per tagliare le pensioni «d’oro» invece del contributo fino al 40% come chiede Di Maio?
«No, le due cose procedono su binari diversi. Il contributo di solidarietà sarebbe crescente per fasce di reddito, colpirebbe in maniera progressiva le pensioni sopra i 90 mila euro lordi annui, sulla parte retributiva».
Se venissero tagliati i due fondi di un paio di miliardi ciascuno, il deficit 2019 scenderebbe dal 2,4% del Pil al 2,2%. Ma la Commissione europea vorrebbe l’1,9%.
«Sono convinto che la Commissione possa venirci incontro, apprezzando i passi che l’Italia sta facendo in un quadro che nel frattempo ha visto il Pil del terzo trimestre arretrare di 0,1%. Un dato che dimostra la necessità di una manovra di sostegno alla crescita. Infine, il governo sta mandando segnali importanti. Ripeto: se la preoccupazione di Bruxelles era che “quota 100” fosse una modifica strutturale del sistema, essa non lo è».
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