Repubblica- Corsa contro il tempo per salvare l’Italia dalla procedura d’infrazione. La quadra ancora non c’è, ma il governo giallo-verde tenterà di trovarla oggi con l’ennesimo, e forse non risolutivo, vertice di maggioranza sulla manovra stroncata da Bruxelles e in parte da riscrivere. La Camera avvia la discussione generale e oggi sarà posta la fiducia su una sorta di testo civetta: quello “vero” sarà presentato solo la settimana prossima al Senato in un timing ormai serratissimo.
Il premier Conte ha chiesto e finalmente ottenuto un incontro per martedì 11 a Strasburgo con il presidente della Commissione europea Juncker, proprio per illustrare il nuovo pacchetto ( composto da Draft Budgetary Plan, con il quadro macro rivisto, e la nuova legge di Bilancio). Ma prima bisognerà metterlo nero su bianco, rimodulando soprattutto le due misure più dispendiose: reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni. Un accordo Lega- M5S ancora non c’è. Il vertice Conte-Di Maio-Salvini del pomeriggio ruoterà intorno al dilemma infinito: dove e quanto tagliare, rispetto all’ormai famoso deficit del 2,4% bandito dall’Ue. Ma bisogna fare in fretta e cambiare rotta, avverte adesso anche il ministro Paolo Savona, non certo un europeista della prima ora. «C’è un rischio recessione, serve una soluzione – dice il professore – non possiamo attendere l’insediamento della nuova Commissione » ( a ottobre 2019). Campanello d’allarme che risuona nelle stanze del governo forse anche per l’insistente indiscrezione su uno studio elaborato da Bankitalia sul rischio concreto per l’Italia di una crisi recessiva già da gennaio 2019. Quando scenderà il sipario sul quantitative easing della Bce e sarà più incerto il pieno collocamento dei 400 miliardi di titoli di Stato.
Su un punto Salvini e Di Maio non sono disposti a cedere: scendere sotto la soglia del 2 per cento nel rapporto deficit- Pil. È quella la linea Maginot dei due leader. Andare sotto, come invece pretendono da Bruxelles ( almeno 1,9%), equivarrebbe a una resa politica che gli azionisti di maggioranza non accettano. Così, succede che in giornata il sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti ipotizzi un risparmio di 4 miliardi ( 2 per ciascuna delle misure bandiera) rispetto alle previsioni e che in serata il “suo” vicepremier all’Agi corregga: «Quattro miliardi? Mi sembra troppo ». La chiave è in mano ai tecnici del Mef e dell’Inps che stanno compiendo le ultime limature. Se il deficit fosse al 2% bisognerebbe trovare 7- 8 miliardi, 4 dalla riduzione delle due misure e 3- 4 da tagli o nuove entrate.
La carta che il premier Conte vorrebbe giocarsi porta al rinvio del reddito di cittadinanza, anche oltre il mese di marzo ipotizzato da Di Maio. Il M5S resiste, ma l’alternativa paventata è la riduzione della platea dei beneficiari, dopo che lo stesso ministro del Lavoro si era sbilanciato ancora in questi giorni promettendo il beneficio a 5 milioni di disoccupati. L’altro caposaldo della ” nuova” manovra dovrebbe portare all’introduzione di una più limitata finestra temporale, forse di alcuni mesi, per consentire a chi raggiunge quota 100 di andare in pensione. Non senza penalizzazioni, anche consistenti. Partenza a giugno per il reddito e erogazione delle pensioni a partire dallo stesso mese per chi matura il 1° gennaio 2019 ( finestra semestrale) sarebbe una delle ipotesi. Ma sui due leader incombono le Europee di maggio ed è il motivo per il quale nel vertice di oggi daranno ancora una volta battaglia.
Il premier fa sapere all’AdnKronos che il rapporto deficit-Pil scenderà non solo nel 2019 ma anche nel 2020-2021. Altri segnali distensivi all’indirizzo di Bruxelles. A sinistra Stefano Fassina ironizza sullo “Tsipras moment” del governo gialloverde, ricordando quel luglio 2015 in cui il leader greco accettò le pesanti cure imposte dall’Unione. E salvò Atene.
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