Pfas: sale a 224 i milioni di euro la cifra necessaria per far sì che gli acquedotti pubblici trasportino solo acqua non inquinata da Pfas. Questo, infatti, è il conto finale, almeno per il momento, che hanno raggiunto i rappresentanti degli enti che si occupano delle risorse idriche delle zone del Veronese e del Vicentino, coinvolte nella contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche.
Il tavolo tecnico formato dall’Ato Veronese e dai consigli di bacino Valle del Chiampo e Bacchiglione, si è riunito una decina di giorni fa ad Arzignano per fare il punto sulle cose da fare. Si è trattato di un nuovo incontro del percorso volto a definire quali sono le cose da fare per avere la garanzia che l’approvvigionamento degli acquedotti sia sicuro. All’inizio l’elenco prevedeva interventi per meno di 100 milioni di euro, somma poi è salita ad oltre 130, quindi a 180, ed ora si è arrivati a quota 224.
La logica, infatti, è quella di mettere nella lista tutto quanto può portare alla migliore situazione possibile, anche se nessuno si nasconde il fatto che tutti questi soldi non ci sono. È vero che poco prima del referendum del 4 dicembre scorso, il Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) ha previsto uno stanziamento di 80 milioni per l’emergenza Pfas, ma il presidente dell’Ato Veronese Mauro Martelli già qualche giorno fa aveva riferito che mancavano riferimenti precisi nei documenti e ora , sempre da fonte Ato, si spiega che il verbale del Cipe non è stato ancora sottoscritto dal Governo, a causa della caduta dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi. Considerato che al momento non si ha notizia di altri stanziamenti, è comunque su quegli 80 milioni che continuano a fare affidamento i componenti del tavolo tecnico per poter quantomeno avviare i lavori.
I primi interventi in programma sono tre. Per quanto riguarda il Veronese – dove sono 72mila i residenti dei Comuni compresi nella cosiddetta area Rossa – è previstala realizzazione di una tubatura lunga una ventina di chilometri che permetterebbe di alimentare gli acquedotti della Bassa con acqua derivata dalle sorgenti di San Martino Buon Albergo, operazione dal costo di 40 milioni di euro. Nel Vicentino, invece, le priorità sono la realizzazione di un tubo lungo 50 chilometri che porti alla centrale di Almisano di Lonigo acqua prelevata a Carmignano di Brenta, intervento da 60 milioni di euro. Infine il prolungamento, fino ad Almisano, della condotta consortile della valle dell’Agno, che ora arriva a Montecchio Maggiore. Operazione, questa, che dovrebbe costare 15 milioni di euro. Intanto si fa spazio il tema delle controversie giudiziarie legate ai limiti relativi ai Pfas per quanto riguarda lo scarico del «tubo». Si tratta del collettore che fa finire nel Fratta-Gorzone a Cologna i reflui di cinque depuratori del Vicentino e che, nel luglio scorso, è stato sottoposto dalla Regione, su diktat del ministero dell’Ambiente, al rispetto di parametri molto restrittivi per quanto riguardale sostanze perfluoro-alchiliche. Contro questa disposizione Miteni spa, l’azienda che secondo la Regione è responsabile dell’inquinamento, e la holding a cui essa fa capo, oltre ad Acque del Chiampo, azienda pubblica del servizio idrico del Vicentino, ed Arica, ente che gestisce il sistema depuratori-tubo, hanno presentato dei ricorsi, il primo dei quali ha subito un parziale niet da parte del Tar
Queste iniziative vedono come interessati anche la Provincia di Verona, Acque Veronesi e il comune di Cologna. «Ma fino ad oggi nessuno di questi si è costituito al fianco della Regione, cosa che dovrebbero fare per dare un segnale forte ai cittadini e a chi ha inquinato», afferma il portavoce del comitato Acqua libera dai Pfas Piergiorgio Boscagin. «Fino al referendum non sapevamo nemmeno se le Provincie sarebbero continuate ad esistere, per cui siamo stati fermi. Ora stiamo valutando con i legali come muoverci», afferma il presidente della Provincia di Verona Antonio Pastorello. Ed anche il sindaco di Cologna Manuel Scalzotto spiega che sta verificando il da farsi. Se le amministrazioni veronesi si preparano a diventare antagoniste degli enti idrici vicentini, in questi giorni l’ad di Miteni ha spiegato che intende cambiare parzialmente rotta, investendo 11 milioni di euro per far si che entro il 2020 la sua produzione di Pfas sia pari al venti per cento di quella dell’azienda.
L’Arena – 30 dicembre 2016