«I voucher vanno aboliti. Non ci sono vie di mezzo. E se il governo non ha il coraggio di cambiare strada, neanche di fronte al risultato del 4 dicembre, allora ci penseranno gli italiani con il referendum promosso dalla Cgil». Maurizio Landini, leader della Fiom, boccia l’intenzione dell’esecutivo di arginare l’abuso dei buoni lavoro, intervenendo su tetti, controlli e sanzioni.
Segretario, perché non basta la stretta?
«Ragionare in termini di correttivi significa non rendersi conto che i voucher stanno annullando il rapporto di lavoro e diventando una forma di sfruttamento inaccettabile, ormai sotto gli occhi di tutti. Il governo confermerebbe così la distanza con la realtà del Paese. Ma se la Corte Costituzionale giudicherà legittimi i nostri tre quesiti, Palazzo Chigi non potrà poi limitarsi a qualche aggiustamento. Le riforme del lavoro del governo Renzi sono state sconfessate il 4 dicembre. Per primi dai giovani, che le vivono sulla loro pelle».
Perché insistere con l’abolizione? Non si rischia di alimentare il lavoro nero?
«Nel modo più assoluto. Vorrei far notare che in Europa i voucher non esistono. Mentre noi abbiamo altri contratti da applicare: a termine, stagionali, internali. Rapporti di lavoro veri che riconoscono contributi e diritti. Non è solo una questione di abuso. Con i voucher stiamo capovolgendo i diritti delle persone: il lavoratore diventa merce».
Nessuna mediazione possibile? Neanche tornare a limitarne l’uso al lavoro occasionale?
«La Cgil ha depositato in Parlamento la Carta dei diritti, una proposta di legge per riscrivere tutto il diritto del lavoro, a partire dalla protezione del lavoro autonomo. La nostra mediazione è lì».
Il professor Ichino sostiene che il quesito sul Jobs Act è inammissibile perché non si limita ad abolire norme, ma ne crea. Cosa ne pensa?
«Non sono un fine costituzionalista, come il professore. Ma mi limito ad osservare che ci siamo mossi nell’ambito dell’articolo 75 della Costituzione. E dunque il nostro è un referendum abrogativo, non creiamo norme nuove. Se passa, non ci sarà alcun vuoto legislativo. Anzi si restituisce certezza del diritto: se il licenziamento è illegittimo, il lavoratore non può essere pagato e mandato via, ma reintegrato. In tutte le aziende sopra i 5 dipendenti, come lo Statuto dei lavoratori prevedeva per le imprese agricole».
Il ministro Poletti ha fatto capire che sarebbe meglio sciogliere le Camere, piuttosto che affrontare i vostri referendum.
« Sono rispettoso di quanto deciderà la Consulta l’11 gennaio. Ma se i quesiti saranno ritenuti ammissibili, la Cgil chiederà da subito che si fissi la data per il voto. E si batterà per il quorum. Una battaglia importante che si può vincere».
Ripristinare l’articolo 18 sarebbe un passo indietro? Torneremmo al nanismo delle imprese? Gli investitori internazionali ci eviterebbero?
«Indietro ci siamo già tornati con i voucher e il Jobs Act. Ora è il momento di fare passi in avanti. Reintegrare un lavoratore ingiustamente licenziato è un segno di civiltà».
Repubblica – 28 dicembre 2016