Luca Fiorin. Sul caso Pfas ambientalisti e amministratori mettono in mora la Regione. Nessuno sa più nulla del piano di controllo della salute della popolazione esposta alla contaminazione, nonostante l’intervento fosse stato annunciato più volte per la fine dell’anno. E questo silenzio aggiunge nuova preoccupazione.
«Di tutte le iniziative che il Consiglio regionale aveva votato ancora a marzo, non ne è stata realizzata neanche una», afferma Piergiorgio Boscagin, portavoce del comitato Acqua libera dai Pfas. «Ora che ci sono i soldi per iniziare a sistemare gli acquedotti (gli 80 milioni stanziati recentemente dal Cipe) è tempo che a Venezia facciano la loro parte», afferma.
Boscagin ricorda che ormai quasi nove mesi fa il Consiglio regionale del Veneto aveva im pegnato la Giunta presieduta da Luca Zaia a controllare acque, territorio e alimenti che vi vengono prodotti, a verificare come è possibile agire contro gli autori dell’inquinamento (ovvero, secondo la Regione, contro Miteni Spa) e a verificare lo stato di salute della gente. «Sono molto preoccupato per questa situazione», sottolinea il sindaco di Pressana Stefano Marzotto. «A questo punto mi viene da dire che la speranza è che la Regione non si sia limitata a fare delle promesse per placare gli animi, ma che ora realizzi davvero le azioni annunciate», continua. «Sia chiaro, comunque, che noi vigileremo su quanto verrà o non verrà fatto». «Purtroppo sinora sul tema Pfas ci sono stati solo fuochi di paglia, seguiti da lunghi periodi di quiete», aggiunge la sindaca di Zimella Alessia Segantini. «E’ vero», aggiunge, «che le analisi dicono che l’acquedotto pubblico è a posto, ma questo avviene solo grazie all’uso di filtri molto costosi, e poi da Venezia non ci viene detto nulla, nemmeno in risposta a richieste formali di informazione».
L’interrogativo è relativo a quando davvero partiranno le analisi di tutta la popolazione di età compresa fra 14 e 65 anni, residente nell’area fra le province di Verona, Vicenza e Padova interessata dall’inquinamento. Uno screening sullo stato di salute delle persone e sui Pfas che il loro corpo ha assorbito che dovrebbe durare per 10 anni, con un costo previsto fra i 100 e i 150 milioni di euro all’anno, e riguardare 127 mila abitanti di 21 comuni. Fra questi, anche i 72 mila residenti a Veronella, Zimella, Albaredo, Cologna, Bonavigo, Minerbe, Pressana, Roveredo, Legnago, Boschi Sant’Anna, Bevilacqua, Terrazzo ed Arcole.
Intanto, per quanto riguarda il rapporto fra inquinamento da Pfas e salute, i medici per l’ambiente di Isde criticano pesantemente i dati fomiti dalla Regione sulla mortalità nei territori contaminati. «La Regione, con le sue strutture scientifiche come il Sistema epidemiologico e il Registro tumori, non sembra in grado di attrontare con credibilità l’inquinamento da Pfas», afferma il referente veneto di Isde, Vincenzo Cordiano. II medico contesta le analisi regionali sulla mortalità per malattie collegabili alle sostanze perluoro-alchiliche, che secondo lui offrono un quadro tranquillizzante solo grazie a metodi d’indagine e interpretazioni discutibili. Cordiano critica poi il fatto che dal monitoraggio sulla salute saranno escluse le fasce di popolazione più suscettibili agli effetti tossici dei Pfas, bambini e anziani. Isde chiede che in Veneto venga seguito l’esempio americano. «Come è stato fatto negli Usa in occasione di una contaminazione simile», spiega Cordiano, «va affidata, con bando pubblico, ad esperti indipendenti la realizzazione di studi sulla popolazione, volti ad attestare se c’è un nesso fra l’inquinamento e le patologie di cui soffre la gente».
L’Arena – 18 dicembe 2016