Famiglie che con orgoglio si portano a casa gli avanzi del ristorante. Single attenti a controllare l’etichetta dei cibi per non lasciarli scadere. Associazioni non profit che si mobilitano per ritirare i pasti avanzati dalle mense. Gli italiani sono diventati nemici dello spreco. Complice anche la crisi: nulla di meglio che sentirsi virtuosi e nello stesso tempo preservare il portafogli. I rifiuti urbani a Milano sono scesi dalle 711,6 tonnellate del 2009 alle 665,6 del 2014. Meno 6,5% in cinque anni. E nel 2015 il dato si è stabilizzato nonostante gli arrivi di Expo.
Meno rifiuti, quindi. E più riciclo. Anche quando si parla di alimentari. Ogni italiano butta 164 chili di cibo l’anno. Contro i 169 dei francesi, i 171 dei tedeschi e i 187 degli svedesi. In Europa siamo tra i più attenti nella lettura delle etichette. Ma non ci fermiamo qui. La legge Gadda contro lo spreco alimentare fa sentire i suoi effetti. «Dall’entrata in vigore, a settembre, siamo stati contattati da una cinquantina di aziende e catene della grande distribuzione interessate a donare», raccontano al Banco alimentare. Con alcuni si sta facendo sul serio: «Stiamo strutturando l’attività di recupero con tre grossi marchi della ristorazione commerciale e con tre catene della grande distribuzione le cessioni gratuite di alimenti partiranno da gennaio». Soddisfatto Andrea Segré, fondatore del Last Minute Market (società dell’università di Bologna che gestisce progetti per il recupero del cibo) e presidente del Comitato scientifico per lo sviluppo del Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti. «La lotta allo spreco deve andare oltre la donazione delle eccedenze e diventare una chiave per ripensare dalle fondamenta il modello economico», guarda lontano Segré, che sull’argomento ha scritto un ebook in uscita per la Fondazione Feltrinelli.
Oltre a Banco alimentare e Last Minute Market, da segnalare l’attività di Qui foundation, nel Nordovest e a Roma. Ma quanto sprecano gli italiani? Secondo l’università di Bologna in tutta la filiera nel 2015 si sono buttate 6,9 milioni di tonnellate di cibo buono, per un valore di 15,6 miliardi di euro (lo 0,95% del Pil). La stima comprende gli sprechi reali delle famiglie per un valore di 12 miliardi l’anno.
Insomma, c’è ancora tanto da fare. La legge Gadda incentiva i Comuni a tagliare la Tari, la tassa sui rifiuti, a mense e attività produttive che donano le eccedenze. Per ora i Comuni che sfruttano l’opportunità sono una decina. Qualcuno sta pensando di aggiungersi, Varese in testa. A Milano Comune, Assolombarda e Politecnico stanno mettendo a punto un sistema per la redistribuzione del cibo avanzato in un quartiere pilota (si parla di un’area a Nord di Milano, zona Bicocca). Infine la legge di Bilancio mette a disposizione fondi (10 milioni per il 2017 e altrettanti per il 2018) per le non profit che si dotano di frigoriferi e altre attrezzature per la conservazione del cibo da redistribuire.
Anche il recupero costa. Ma lo spreco di più.
Rita Querzé – IL Corriere della Sera – 14 dicembre 2016