La fine del governo Renzi lascia in sospeso una serie di nomine pesanti. Nel 2017 vengono a scadenza vertici e consigli di amministrazione di cinque società controllate dal Tesoro e quotate in Borsa: Eni, Enel, Terna, Poste e Finmeccanica- Leonardo. I numeri uno di Difesa, Esercito e Carabinieri e i numeri due dei servizi. I direttori dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia del Demanio.
Il presidente della Rai e il cda della televisione pubblica. Poltrone che scottano. E un pezzo della mappa del potere renziano. Ma anche vuoti da colmare. La fibrillazione post referendaria investe dunque anche i palazzi romani. Dove un certo smarrimento fa ora il paio con il tentativo dei super manager di cercare sponde politiche per il dopo. Accreditarsi in cerca di una conferma, una proroga, un collocamento. E se un ipotetico esecutivo Padoan viene giudicato come la migliore delle soluzioni- ponte possibili, nelle prossime ore crescono i tentativi di contatto con il Quirinale, visto come ultimo garante di una auspicata continuità.
LE QUOTATE
A lasciare, nel prossimo mese di maggio, saranno i cinque potenti amministratori delegati che più di ogni altro hanno incarnato il cambio di passo renziano. Francesco Starace (Enel), sponsorizzato dal fiorentino Alberto Bianchi, ora nel cda Enel, avvocato dell’ex premier e presidente della fondazione Open (la cassaforte del sistema renziano). Claudio Descalzi (Eni), più in ombra da quando è indagato per corruzione internazionale, nell’inchiesta della procura di Milano sulle presunte tangenti in Nigeria. Matteo Del Fante (Terna), fiorentino e amico di Renzi e del suo “giglio magico” (Carrai, Serra). Francesco Caio (Poste), alle prese con la fase due della privatizzazione, ora rimandata a data da destinarsi. Mauro Moretti (Finmeccanica), fortemente voluto anche da Napolitano, al pari del presidente Gianni De Gennaro. E a proposito di presidenti, cadranno anche le inedite poltrone rosa di Maria Patrizia Grieco (Enel), Emma Marcegaglia (Eni), Luisa Todini (Poste), Catia Bastioli (Terna). Oltre a quella di De Gennaro. E alle “poltroncine” dei fidati amici di Renzi: Alberto Bianchi (Enel), Fabrizio Landi (Finmeccanica), Elisabetta Fabri (Poste), Marco Seracini e Diva Doriana (Eni).
LE AGENZIE
Alla fine di giugno termina il mandato anche Rossella Orlandi, direttore dell’Agenzia delle entrate, empolese e “leopoldina” della prima ora. Ma da tempo non più in auge alla corte di Renzi. Fatali le sue critiche sulla soglia del contante, alzata dal governo. E il grido d’allarme sui dirigenti declassati. L’ex premier puntava a sostituirla con Ruffini, attuale ad di Equitalia, giusto in tempo per guidare la fusione tra i due poli fiscali. A settembre poi finisce anche l’incarico di Roberto Reggi, direttore dell’Agenzia del Demanio, già direttore della campagna elettorale di Renzi nel 2012 e poi sottosegretario all’Istruzione, presto spostato al Demanio – si dice – per contrasti con il premier.
LA RAI
Vertici e cda della tv pubblica scadono in agosto. Ma a rischio ben prima, a partire dall’ad Campo Dall’Orto, se fosse rimasto in sella il governo Renzi. Tanti i motivi del disamore: polemiche sugli stipendi, attriti sul canone ridotto, scontro per l’inserimento della Rai nel perimetro della pubblica amministrazione, incertezze sull’informazione, fine ingloriosa dell’esperimento di Politics. E non ultimo: il fallimento nella campagna per il Sì, che i renziani ora addossano anche alla televisione pubblica. Tra l’altro a fine mese scade la concessione pubblica. Altra grana.
L’INPS
Il presidente Tito Boeri, alla guida dell’Inps dal febbraio 2015, è al riparo dal risiko delle nomine. E non solo perché il suo incarico è quadriennale (nelle controllate del Tesoro è triennale). Ma anche perché con il governo Renzi si sgonfia pure la tensione che negli ultimi mesi sembrava condire i rapporti con Palazzo Chigi, sempre sul punto – secondo i boatos prevalenti – di defenestrare un presidente troppo attivo e autonomo, quasi un ministro del Lavoro ombra.
I MILITARI
Capitolo a parte, quello dei vertici a stellette vacanti. Il comandante generale dei Carabinieri, Tullio Del Sette, scade alla fine di questo mese. Il Capo di Stato maggiore della Difesa, Claudio Graziani, e il Capo di Stato maggiore dell’Esercito, Danilo Errico, terminano il mandato biennale a febbraio. Tre nomine delicatissime, per le quali si immagina una proroga di sei mesi, qualunque sarà il governo. Mentre restano in sospeso le caselle di Paolo Poletti, vicedirettore dell’Aise, l’ex Sismi. E quella di Paolo Ciocca, vicedirettore del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, il vice di Pansa.
Repubblica – 8 dicembre 2016