Marco Bresolin. Dopo la tregua pre-referendum, ora arriva la tregua post-referendum. L’Eurogruppo ha deciso di non far sentire subito il suo fiato sul collo del governo italiano. Nella riunione di ieri mattina a Bruxelles, disertata da Pier Carlo Padoan, i ministri dell’economia della zona euro hanno passato in rassegna i conti pubblici degli Stati dell’eurozona. Per l’Italia il verdetto non cambia: la legge di bilancio è «a rischio di non conformità» con i parametri del Patto di Stabilità. Perciò «sarebbero necessarie misure addizionali significative», hanno scritto i ministri nel documento finale.
Però, «vista la situazione politica», il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha annunciato che in questo momento «è impossibile chiedere al governo italiano» di impegnarsi in misure correttive. Si tratterebbe di 5 miliardi, anche se i ministri hanno preferito non quantificare l’entità dell’aggiustamento. La stessa terminologia usata nel documento è frutto di un certo equilibrismo. «Invitiamo l’Italia a prendere le misure necessarie affinché il bilancio del 2017 sia in linea con le regole» si legge nel testo scritto dai ministri.
Dal Tesoro fanno notare che l’uso dell’espressione «misure necessarie» sarebbe una scelta che «lascia margini per una valutazione nel tempo che potrebbe beneficiare di una crescita superiore alle stime della stessa Commissione». Tradotto: la manovra potrà essere approvata così com’è dal Senato, poi eventuali correzioni andranno valutate in base all’andamento dell’economia. Su questo punto arrivano segnali positivi dall’Istat, secondo cui il ritmo di crescita «si sta stabilizzando».
In ogni caso il tempo a disposizione non è molto, meno di quattro mesi. L’Eurogruppo «monitorerà l’avanzamento delle misure a marzo del 2017». Nel frattempo potrebbe arrivare l’atteso report sul debito eccessivo che «rimane materia di preoccupazione». Insomma, per Bruxelles i conti italiani restano a rischio bocciatura. Ma ieri non era il momento per gridarlo a gran voce. Nemmeno al termine di una riunione in cui i falchi hanno avuto la meglio nel dibattito sull’austerità, respingendo la proposta per una politica espansiva avanzata dalla Commissione.
Sul caso Italia, ieri mattina c’è stato un fitto giro di telefonate tra la capitale belga e Roma. Nella mediazione è intervenuta anche Federica Mogherini. Ne è emersa una strategia morbida per non creare ulteriore confusione politica e non provocare agitazione sui mercati. Che, del resto, hanno risposto senza particolari scossoni. Piazza Affari è partita con un calo del 2% e, dopo un po’ di movimenti nell’arco della giornata, ha chiuso con una limatura dello 0,2%. Più sensibile il settore bancario, mentre lo spread tutto sommato ha retto (il differenziale tra Btp e Bund ha chiuso in lieve rialzo a 165 punti base dai 162 di venerdì). Un ruolo determinante lo ha giocato la Bce, in azione per acquistare i titoli italiani, che dopodomani potrebbe annunciare il prolungamento del Quantitative Easing per tutto il 2017.
La Stampa – 6 dicembre 2016