L’impatto maggiore sulle condizioni ambientali del pianeta è determinato dalle nostre scelte alimentari, dal cibo che ogni giorno mettiamo nei nostri piatti. Analizzando i dati relativi alle emissioni di gas serra delle famiglie europee, emerge infatti come sia il cibo a contribuire di più al cambiamento climatico, con il 31% del totale delle emissioni, superando sia il riscaldamento degli edifici e l’utilizzo di energia elettrica, in seconda posizione con il 23,6%, sia i trasporti (18,5%).
Nel dettaglio, solo il consumo di carne è responsabile del 12% delle emissioni complessive, mentre i prodotti lattiero-caseari contribuiscono per il 5%. Le emissioni di gas serra derivanti dall’agricoltura sono tra l’altro aumentate del 20% dal 1990 a oggi e raddoppiate dal 1960.
E la crescita è destinata a proseguire nei prossimi decenni se non si prenderanno provvedimenti, anche perché la popolazione mondiale continuerà ad aumentare a ritmi elevati.
Di questi problemi e delle possibili misure da mettere in atto per affrontarli si parlerà al Forum internazionale su alimentazione e nutrizione dal titolo «Mangiare Meglio. Mangiare Meno. Mangiare Tutti», in programma il prossimo primo dicembre all’Università Bocconi di Milano. A organizzarlo, per la settima edizione, è la Fondazione Barilla Center for food and nutrition, il centro di pensiero e di proposte nato nel 2009 su iniziativa della multinazionale emiliana con l’obiettivo di analizzare i grandi temi legati all’alimentazione e alla nutrizione nel mondo.
Il peso sale
Tra le varie iniziative di sensibilizzazione su queste tematiche messe a punto dalla fondazione presieduta da Guido Barilla, la doppia piramide alimentare e ambientale nasce per promuovere tra i cittadini la dieta mediterranea e per metterne in luce i benefici per la salute dell’uomo e dell’ambiente.
Il nostro paese può infatti vantare, anche grazie al nostro tradizionale regime alimentare, gli abitanti più longevi e magri del Vecchio continente. Le generazioni più giovani, però — è l‘allarme lanciato dalla Fondazione Barilla Center for food and nutrition — stanno via via abbandonando questa dieta, optando sempre di più per cibi ricchi di proteine animali e grassi. Il 18,3% degli adolescenti ha non a caso un peso in eccesso (contro l’8,7% dei giapponesi), mentre il numero di obesi è in continuo aumento. In Italia, inoltre, solo il 29% della popolazione svolge regolare attività fisica (in Svezia la percentuale sale al 72%) con un effetto di incidenza sullo sviluppo di patologie che ha ripercussioni sull’aspettativa di vita e sul costo della società per fronteggiarle.
Scelte
Le nostre scelte alimentari hanno, dunque, un ruolo fondamentale nella salvaguardia della nostra salute ma anche del pianeta. La doppia piramide evidenzia come gli alimenti a minore impatto ambientale siano gli stessi per i quali i nutrizionisti consigliano un consumo maggiore, mentre quelli con un impatto ambientale più elevato sono quelli che andrebbero consumati con moderazione.
Per cambiare basterebbe dunque poco, limitando ad esempio il consumo di proteine animali a sole due volte alla settimana e facendo piuttosto spazio a cereali e legumi. «La sostenibilità del sistema alimentare deve essere considerata oggi una delle emergenze mondiali. Tra le cause scatenanti di uno scenario internazionale sempre più complesso, segnato da guerre, grandi flussi migratori e cambiamenti climatici, i paradossi che caratterizzano il sistema alimentare occupano infatti un posto di primo piano», commenta Luca Virginio, vice presidente Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition. Al fine di capire quali sono i paesi e le città più sostenibili in fatto di alimentazione, la Fondazione ha inoltre deciso da quest’anno di realizzare una ricerca insieme al gruppo britannico The Economist Intelligence Unit.
«Il Food sustainability index nasce per mettere in luce quale sia il progresso degli stati e dei principali centri urbani su questioni come la lotta alla fame e all’obesità, l’eliminazione degli sprechi alimentari e la sostenibilità dell’agricoltura. Le best practice che emergeranno dalla ricerca potranno così rappresentare dei modelli a cui ispirarsi per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dalle Nazioni Unite», aggiunge Luca Virginio. Con il Food Sustainability Index, la Fondazione mette così a disposizione delle istituzioni e della società civile uno strumento in più per comprendere quali sono i modelli alimentari più idonei allo sviluppo sostenibile del pianeta.
Corriere Economia – 28 novembre 2016