Passano gli anni, cambiano i protagonisti e quella del nuovo ospedale di Padova va assumendo sempre più i tratti di una telenovela infinita. L’ultima puntata, in questo senso, è una sorta di grande classico. Ovvero l’ennesimo tavolo istituzionale, tra tutti gli attori coinvolti nell’affaire (Regione, Azienda Ospedaliera, Iov, Comune, Provincia e Università), che salta a distanza di poche ore dal suo inizio.
Stiamo parlando di quello convocato per oggi dal governatore del Veneto Luca Zaia e poi ieri dallo stesso rinviato a data da destinarsi. L’incontro in oggetto, annunciato dal presidente della Regione quattro giorni fa, doveva servire a firmare l’accordo di programma relativo alla definitiva collocazione del futuro polo medico sanitario nell’area pubblico-privata di Padova Est indicata dal sindaco (decaduto) Massimo Bitonci. Ma, a sorpresa, è stato appunto posticipato a chissà quando.
Per quale motivo? Perché il prefetto Michele Penta, che da poco più di una settimana si trova al governo del municipio al posto dell’ormai ex primo cittadino leghista (sfiduciato), ha fatto sapere a Zaia che la sottoscrizione di un’intesa di tale portata non rientra, almeno per il momento, tra i suoi poteri. Dato che, per poter siglare atti di cosiddetta straordinaria amministrazione, la sua veste deve passare da quella di commissario prefettizio a quella di commissario straordinario. Appunto. E questo, essendo la pratica nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, potrebbe avvenire tanto a breve quanto (addirittura) intorno alla metà di febbraio. «Nei giorni scorsi — si legge in una nota diffusa ieri dal governatore — ho avuto modo di incontrare il commissario Penta e di apprezzarne la pubblica e dichiarata disponibilità a concludere l’iter amministrativo per la realizzazione del nuovo ospedale di Padova. Iter che è giunto ormai alla fase finale». Quindi, ricordando il decreto che prima o poi il capo dello Stato dovrà emanare, Zaia ha spiegato: «Ho deciso di aggiornare il tavolo e di riconvocarlo nel momento in cui il commissario Penta riceverà i poteri per poter firmare, come da lui annunciato pubblicamente, l’accordo di programma».
Parole che fanno impensiere il rettore dell’Ateneo, Rosario Rizzuto: «La posizione dell’Università di Padova rimane sempre la stessa. Il nuovo ospedale è fondamentale per la nostra città e per tutto il Veneto. E sono quindi preoccupato, annunciando peraltro il parere favorevole della Scuola di Medicina sulla bozza di accordo di programma, che la dialettica politica possa rallentare o addirittura bloccare un’opera così importante».
Poi, nel consueto tourbillon di dichiarazioni, si è fatto sentire il presidente della commissione regionale Sanità, Fabrizio Boron: «Nel bilancio di previsione triennale 2017/2019 — esulta il fedelissimo di Bitonci — sono stati riconfermati i 50 milioni di euro all’anno, dunque 150 in totale, per finanziare il nuovo ospedale, struttura fondamentale e strategica per la città del Santo».
Già. Peccato che se ne parli, invano, almeno dal 2004. Ma l’immancabile colpo di scena, come d’altronde ogni telenovela che si rispetti, è arrivato in serata. Quando il presidente della Provincia, Enoch Soranzo, nel parlamentino di Palazzo Santo Stefano raccolto in seduta straordinaria, ha reso noto (supportato dal segretario generale Stefania Malparte) che «quello che ci ha inviato Zaia non è un accordo di programma ex articolo 32 della legge regionale 35 del 2001, bensì un semplice accordo tra amministrazioni pubbliche ex articolo 15 della legge nazionale 241 del 1990». Insomma, secondo Soranzo e i dirigenti provinciali, si tratterebbe di una specie di lettera d’intenti, «priva di cronoprogramma, di fonti di finanziamento e della necessaria variante urbanistica».
Come dire, un documento del valore pressoché nullo. Ma, quand’è giunto il momento di esprimersi sul testo, l’uscita dall’aula dei consiglieri di minoranza (Andrea Recaldin, Mauro Fecchio e Luigi Sabotino della Lega) ha fatto cadere il numero legale. Rinviando il tutto, pure qui, a data da destinarsi. La telenovela continua.
Il Corriere del Veneto – 25 novembre 2016