La riforma organizzativa dell’Inps ora può partire mentre sugli assetti di governance si aprirà presto una riflessione con il Parlamento. Il giorno dopo le dimissioni del direttore generale, Massimo Cioffi, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha tenuto a fissare i punti da cui deve ripartire il lavoro dell’Istituto di previdenza guidato da Tito Boeri. Un riassetto organizzativo che coincide con un vero e proprio “stress test” cui l’Inps sarà chiamato nei primi mesi dell’anno per garantire l’attuazione delle nuove misure di flessibilità introdotte dalla legge di Bilancio 2017, a partire dall’Ape nelle sue tre variabili.
La riforma messa a punto dal presidente e non condivisa da Massimo Cioffi prevede, tra l’altro, la riduzione da 48 a 36 delle attuali direzioni (con un numero di incarichi di studio) e un riequilibrio della loro distribuzione, passando da 33 a 14 direzioni centrali e da 15 a 22 territoriali. Ieri Poletti ha spiegato che le ultime osservazioni inviate a Boeri sono state recepite e che «le nuove determine del presidente hanno tenuto conto delle valutazioni fatte dai ministeri». I nodi che erano rimasti aperti anche dopo le audizioni separate di Boeri e Cioffi davanti alla Commissione parlamentare di controllo degli enti previdenziali di fine settembre sono noti, e riguardavano la divisione di ruoli e poteri tra presidente e direttore generale, i criteri di selezione dei nuovi dirigenti (con una funzione istruttoria affidata a una Commissione di esperti esterni) e la possibilità di effettuare o meno nuove assunzioni con i risparmi derivanti dalla riduzione delle direzioni.
Ora che le ultime correzioni sono arrivate il passaggio al nuovo organigramma (che pubblichiamo in pagina) è dunque possibile.
Tito Boeri, che ieri non ha voluto rilasciare dichiarazioni sul tema, vorrebbe agire in tempi rapidi. E il via libera del ministro sembra dargli ragione. Ma sulla strada di questa riforma pesa ancora il macigno del ricorso al Tar fatto da Pietro Iocca, il presidente Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Istituto (Civ), che ritiene illegittima la procedura adottata per il varo del nuovo regolamento di organizzazione: un ricorso senza richiesta di sospensiva ma che, se venisse accolto, rimetterebbe in discussione uno degli atti su cui poggia l’intera riforma.
Ieri Giuliano Poletti ha anche ribadito la sua volontà di affrontare il tema della governance dell’Istituto. «Ci sono una serie di proposte di legge in Parlamento e da parte nostra abbiamo dichiarato la nostra disponibilità ad avviare un riflessione» ha affermato. Lo stesso Boeri, nei primi mesi della sua nomina, aveva sollevato la questione proponendo uno schema con un direttore generale nominato e revocavo da un Cda di 3 persone che coopta il presidente, un Civ di 15 anziché di 22 membri e un Collegio sindacale 5 membri invece dei 9 attuali. Proposte finora inascoltate. Alla Camera un disegno di legge a prima firma Cesare Damiano presentato nel 2013 prevede un assetto un pò diverso: direttore generale, Cda con 5 membri che cooptano il presidente, confermando gli altri organi attuali con il Civ che viene rinominato Consiglio di strategia e vigilanza e conta su 14 membri e il Collegio dei revisori con 3 membri. Una proposta di legge che riguarderebbe Inps e Inail, visto che entrambi gli istituti sono ancora amministrati secondo lo schema previsto dal decreto 78 del 2010, con presidente monocratico dotato di poteri d’indirizzo tenuto a condividere su tutta una serie di scelte il “parere conforme” del direttore generale responsabile della gestione, come prevedono le direttive firmate dal ministro dell’epoca, Maurizio Sacconi e che sono tutt’ora valide.
«Dopo la fusione con Inpdap, operazione che ha sottoposto Inps a uno stress enorme e lo ha reso troppo grande per una governance basata su un presidente monocratico, e in vista degli ulteriori compiti cui è chiamato l’istituto – ha dichiarato al Sole 24Ore Maurizio Sacconi, oggi presidente della Commissione Lavoro del Senato – credo ricorrano le condizioni di necessità e urgenza per dare all’Inps una nuova governance con un Cda di 3 componenti e una ripartizione di poteri più chiari tra presidente e direttore generale».
Anche Cesare Damiano è d’accordo con la necessità di una nuova governace in tempi stretti ma preferisce la strada del disegno di legge: «Ho posto la questione a gennaio del 2015 dopo la nomina di Boeri – ha affermato il presidente della Commissione Lavoro di Montecitorio -. Già allora dicevo che lo schema di un uomo solo al comando non era più sostenibile. Credo ora che Governo, forze politiche e forze sociali debbano trovare una soluzione adeguata da condividere in tempi stretti utilizzando il canale della legislazione ordinaria».
Davide Colombo – Il Sole 24 Ore – 24 novembre 2016