Dibattito tesissimo in commissione Bilancio alla Camera sulla cosiddetta «norma De Luca», cioè l’emendamento che riattribuisce ai presidenti di Regione la possibilità di essere commissari per la sanità (si veda l’articolo sotto). Dopo un tira e molla proseguito per tutto il giorno, l’emendamento è passato (18 voti favorevoli, 12 contrari e un astenuto) dopo essere stato riformulato con la previsione di un tavolo tecnico per mettere sotto controllo l’operato dei governatori-commissari.
Accanto a questo, l’altro tema chiave affrontato in commissione è stato l’allargamento dell ’«opzione-donna», cioè la possibilità per le lavoratrici di andare in pensione anticipata con ricalcolo contributivo. Un emendamento la amplia a chi non ha maturato i requisiti entro il 2015 a causa della «speranza di vita», e offre una nuova chance a 4.130 persone. Sempre ieri hanno ottenuto il via libera gli sconti sui debiti fiscali delle imprese in crisi (si veda Il Sole 24 Ore di domenica scorsa). Niente di fatto, invece, per i correttivi sulla cedolare secca, dalla “norma-Airbnb” che proponeva il 21% per gli affitti brevi alle proposte per estendere al 2018-20 la tassa piatta al 10% sui canoni concordati e sperimentarla alle locazioni commerciali. Per gli immobili a canone concordato, poi, niente di fatto nemmeno per l’ipotesi di un tetto al 4 per mille per la somma di Imu e Tasi.
Il lavoro della commissione è andato avanti fino a tarda notte, con l’obiettivo di consegnare oggi il testo agli uffici e al Mef in vista della fiducia di domani e del voto finale dell’Aula lunedì. La corsa serve a lasciare qualche spazio libero per la campagna referendaria, ma rimanda al Senato molti temi, dal sostegno per le emittenti locali all’aumento del turn over nei Comuni. Sul pubblico impiego, arriva invece la proroga di un anno delle graduatorie.
Confermato l’ok (16.01 Tancredi) al meccanismo che permette concordati e accordi di ristrutturazione del debito con una piena disponibilità anche dei debiti fiscali; in particolare dell’Iva, per la quale finora era possibile solo una dilazione dei pagamenti e non una riduzione dell’ammontare. Il pacchetto «Industria 4.0» si arricchisce di due novità: entro giugno 2017 dovranno essere fissate le regole per il finanziamento (30 milioni in due anni) dei centri di competenza ad alta specializzazione, in alleanza pubblico-privato, per promuovere progetti di ricerca applicata e trasferimento tecnologico. Nell’elenco dei beni ammessi all’iper-ammortamento del 250% si chiarisce che rientrano gli investimenti riguardanti sia le macchine utensili, sia gli impianti per la realizzazione di prodotti mediante la trasformazione dei materiali e delle materie prime. Due milioni in più, poi, arrivano per l’internazionalizzazione delle imprese. Tra le approvazioni, va segnalato l’emendamento (14.06) che gira ai Confidi, per sostenere gli investimenti delle Pmi, una quota delle risorse non utilizzate dagli sblocca-debiti della Pa. Cinque milioni in più arrivano per le cooperative formate da lavoratori provenienti da aziende in crisi.
Cambiano anche le regole per gli investimenti delle Casse previdenziali, che potranno concentrare nei fondi immobiliari chiusi promossi o partecipati dagli enti locali fino al 40% (oggi è il 20%) degli investimenenti nei fondi. Per le Casse, però, arriva un nuovo alert, con la possibilità per la commissione parlamentare di controllo di segnalare ai ministeri vigilanti i casi di disavanzo di cui viene a conoscenza.
Rientra in manovra la norma-Expo, che stanzia 9 milioni per la liquidazione di Expo Spa e 8 per il trasferimento a Rho-Pero delle facoltà scientifiche della Statale. Entro il 30 gennaio sarà nominato il commissario liquidatore, e i soci saranno chiamati a versare pro quota le somme per la liquidazione, che non potranno superare i 23,69 milioni.
Fra le novità arrivano anche il «bollo unico» per le società che noleggiano sia autovetture sia camion, la conferma delle imposte di registro e ipotecarie in misura fissa e l’esenzione dell’imposta catastale per le compravendite di fondi rustici in aree montane.
FOCUS. «NORMA DE LUCA» RIFORMULATA
Per i bilanci sanitari governatori-commissari con verifica ogni 6 mesi
I governatori Vincenzo De Luca e Mario Oliverio potranno essere commissari di sé stessi per la sanità in Campania e in Calabria. Il Governo fa solo un apparente mezzo passo indietro ma tiene ferma nella sostanza la “norma De Luca” che già l’altro ieri ha fatto scoppiare una bufera in Parlamento dove alle accuse e ai voti contrari dell’opposizione – con M5S («è una marchetta clientelare»), Sinistra italiana e Lega in prima fila – s’è aggiunto il malumore di molti deputati del Pd e di altri della maggioranza contro quello che è considerata uno “scambio ad personam” del Governo al presidente della Campania, considerato secondo le accuse un potenziale grande portatore di voti, cioè di “sì”, al referendum di domenica 4 dicembre. Una bufera che si è ripetuta ieri in commissione Bilancio alla Camera nelle votazioni della legge di Bilancio 2017, ma inutilmente. Il Governo è andato avanti nonostante anche al suo interno ci siano state non poche perplessità. L’ordine di scuderia era di non cedere, sebbene con una riformulazione dell’emendamento della discordia a prima firma della deputata napoletana del Pd Assunta Tartaglione, riformulato dal relatore Mario Guerra, che mette dei paletti per il controllo dell’attività dei governatori-commissari di asl e ospedali in due regioni dove la sanità è particolarmente disastrata.
Inutili gli inviti al ritiro dell’emendamento dei grillini e di tutta l’opposizione. Inutile il mal di pancia di molti deputati Dem. Il Governo è andato avanti. Inutile anche l’annuncio dell’astensione di Bruno Tabacci di Centro democratico («è un errore politico») e di Giovanni Monchiero di Scelta civica, ex manager piemontese di asl e ospedali. Evidentemente il dado era tratto e le raccomandazioni arrivate dal gruppo Dem della Camera a sostenere l’emendamento riformulato sono diventate un preciso e inderogabile indirizzo di voto in commissione Bilancio. Che ha portato all’approvazione dell’”emendamento De Luca bis”.
Accadrà così che i due governatori – De Luca, appunto, ma anche Oliverio – saranno commissari ad acta per la sanità in virtù della disapplicazione della norma della legge di Stabilità per il 2015 – a firma Renzi – che proprio per un sussulto di trasparenza ha impedito ai presidenti nominati dal 2015 di assumere quell’incarico, che oggi riveste soltanto il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, eletto però l’anno prima. Tutto spazzato via, si torna all’antico. Anche se con un limite: i tavoli tecnici del Governo verificheranno ogni sei mesi l’equilibrio dei bilanci sanitari delle due Regioni e l’effettiva applicazione ed erogazione dei Lea (i livelli essenziali di assistenza sanitaria), producendo una relazione ai ministri dell’Economia e della Salute da trasmettere Consiglio dei ministri. In caso di riscontro negativo e di mancata attuazione, in tutto o in parte, dei piani di rientro dai disavanzi il Consiglio dei ministri nominerà un nuovo commissario ad acta, estromettendo i governatori-commissari. Lo potrà fare in forza dell’articolo 120 della Costituzione: ma, se passasse il referendum costituzionale, sarà il nuovo Senato ad esprimersi. Un Senato dove a decidere saranno le regioni. Per le regioni.
IL Sole 24 Ore – 24 novembre 2016