Confermata la pronuncia del Tribunale dei Riesame di Palermo secondo cui è “pericoloso” (cioè potenzialmente foriero di rischi per la salute) il latte non tracciabile ed, ovviamente, mischiarlo con quello – invece – “sicuro” e tracciato. La sentenza
Di conseguenza, la punibilità viene anticipata anche in caso di rischio non reale ma solo potenziale (in ragione proprio della assente tracciabilità e della importanza del bene da tutelare, la salute pubblica). E’ un orientamento interessante della Corte di Cassazione, dopo che l’Italia, almeno nel caso della carente tracciabilità della carne emersa con l’Horsegate, aveva avuto un atteggiamento più timido.
La Corte Suprema interpreta in termini restrittivi l’articolo 14 del reg. 178/2002, General Food Law, laddove–si farebbe chiaro riferimento non tanto alla sicurezza alimentare come stato tal quale, quanto piuttosto alle “condizioni per stabilire la sicurezza alimentare”. Concetto più ampio, che include necessariamente anche la rintracciabilità e comunque, una conoscenza adeguata del cibo che si sta vendendo o confezionando.
Il caso
«Si è acquistato latte da aziende non registrate e che non avevano le attrezzature ed i locali idonei a garantire la mungitura e la conservazione del prodotto secondo adeguati standard igienico-sanitari (…); si è “contaminato” il latte “sicuro” con quello “non tracciabile” e (per quanto fin qui esposto) “pericoloso””. Sostiene la Suprema Corte che la predetta contravvenzione “costituisce un tipico reato di pericolo presunto, con anticipazione della soglia di punibilità in ragione della rilevanza del bene-interesse tutelato (la salute umana), tale da prescindere dall’effettivo accertamento di un danno all’oggetto medesimo”: ciò significa che, al fine di ritenere sussistente il reato in parola, è sufficiente accertare la violazione sistematica (dolosa o colposa) delle disposizioni in tema di tracciabilità della materia prima, senza che si sia verificato alcun effettivo danno alla salute umana.
Il diritto
Con la sentenza n. 31035 del 9.6.2016, depositata il 20.7.2016, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha stabilito che integra il reato previsto dall’art. 5, lett. b), della Legge 30.4.1962, n. 283, l’impiego, nella preparazione di alimenti, di materia prima di provenienza “non tracciabile” unitamente ad altra “sicura”.
E’ da tempo richiesta una sentenza della Corte di Giustizia Europea che porti uniformità in ragione della difformità di trattamento in tutto il Vecchio Continente, con alcuni paesi (Olanda) che hanno paragonato la mancanza di tracciabilità a rischio concreto, mentre altri (tra cui l’Italia) che non lo hanno fatto, evitando ritiri dei prodotti alimentari dal mercato.
Sicurezza alimentare Coldiretti – 23 novembre 2016