Aumentano i licenziamenti in Italia. Ma, secondo il presidente dell’Inps Tito Boeri, non si può parlare di un effetto legato al Jobs act , e alle modifiche all’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Nei primi nove mesi di quest’anno – secondo l’Istituto di previdenza – i licenziamenti sono cresciuti del 4% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, passando da 430 mila a 448 mila.
Se focalizziamo la lente di ingrandimento sui licenziamenti per motivi disciplinari, l’aumento è più marcato: 28%. E se guardiamo solo la tabella delle aziende con più di 15 dipendenti, per le quali l’articolo 18 è cambiato, saliamo ancora, 32,6%. Secondo Boeri, però, non sono indizi che portano a un effetto prodotto dal Jobs act . Perché?
I dati sui licenziamenti non distinguono fra vecchi contratti con articolo 18 e nuovi contratti senza. La causa dell’aumento, dice il presidente dell’Inps, è da ricercare nell’obbligo delle dimissioni on line, arrivato a marzo di quest’anno. Una norma pensata per contrastare le dimissioni in bianco, la pratica di far firmare al lavoratore una lettera di rinuncia al posto di lavoro da tirar fuori in caso di malattia o di gravidanza. Ma che risulta un po’ complicata da utilizzare, specie per gli stranieri. E che ha portato a una riduzione del numero delle dimissioni volontarie. Di fatto una parte delle uscite che prima venivano considerate dimissioni adesso vengono conteggiate come licenziamenti.
C’è un altro dato importante: il calo della probabilità di essere licenziati. Nel 2016 è stata pari al 4,1%, contro il 4,2% dell’anno scorso. Sembra una contraddizione rispetto all’aumento dei licenziamenti ma non è così. Perché nel frattempo è aumentato il numero totale dei contratti di lavoro stabili, da poco più di 10 milioni a quasi 11 milioni. E la probabilità di essere licenziati è proprio il rapporto fra il numero dei licenziamenti e il totale dei lavoratori. Colpisce il fatto, semmai, che la probabilità di essere licenziati sia più alta tra gli uomini: il 7% contro il 5,7% delle donne. Una differenza non lontana da quella che c’è tra gli italiani, 6,1%, e gli extracomunitari, con l’8,1%.
Sull’altro fronte del mercato del lavoro, quello delle assunzioni, viene confermata la tendenza già registrata negli ultimi mesi. Il saldo fra le nuove assunzioni stabili e i contratti che non ci sono più è pari a 47.455 unità. Comunque positivo. Ma con un crollo del 90% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Allora c’era un generoso sconto sui contributi pagati dalle imprese, che quest’anno è stato dimezzato. Anche per questo il governo lo ha appena rilanciato per il 2017. Ma solo per le Regioni del Sud e solo per un anno.
Lorenzo Salvia – Il Coriere della Sera – 17 novembre 2016