L’Ape volontaria sarà erogata per 12 mesi l’anno e non su 13 come avviene per la pensione. Lo confermano fonti di Governo spiegando anche che nel Dpcm che sarà pubblicato a gennaio dopo l’approvazione della legge di Bilancio sarà messo un tetto per quanto riguarda la richiesta di Ape del 95% della pensione certificata mensile nel caso di richiesta di anticipo di un anno, del 90% in caso di anticipo di due anni e dell’85% in caso di anticipo di tre anni.
È chiaro che il tetto annuo che sarà possibile chiedere sarà più basso di queste percentuali. A fronte di una pensione certificata mensile netta di 1.286 euro (16.718 annui dato che le rate di pensione sono 13) si potrà ricevere per un anticipo di tre anni fino a 1.093 euro al mese (l’85% della rata mensile) ma questi saranno erogati per 12 mesi e quindi il prestito annuo sarà di 13.116 euro (quindi il 78,45% della pensione annua certificata dall’Inps). Su questo prestito si pagherà il 4,7% sulla rata di pensione per ogni anno di anticipo. Di fatto, come si legge nell’esempio contenuto nelle tavole messe a punto dal team guidato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini – a fronte di un prestito netto nel triennio di 13.116 euro si restituiscono in 20 anni, con rate di 208 euro per 13 mesi l’anno, 54.080 euro.
La rata media prevista per il prestito ventennale (compresi i tassi di interesse e il premio assicurativo per la premorienza ma anche le agevolazioni fiscali) di 208 euro al mese per 13 mesi è comunque inferiore a quella di mercato dato che il Governo paga la metà degli interessi e del premio assicurativo.
La decisione di mettere un limite alla richiesta di prestito e di non prevedere la tredicesima (che peraltro non è prevista neanche nell’Ape social nè nella Naspi) – spiegano dal team del sottosegretario alla presidenza del Consiglio è stata dovuta alla necessità di non far salire troppo la rata da pagare una volta in pensione. «Avremmo voluto tenere più basso il premio assicurativo – hanno spiegato – ma per farlo avremmo dovuto ridurre la durata del prestito, magari a 10 anni. E a questo punto sarebbe salita troppo la rata di restituzione». Nel caso che abbiamo considerato la persona che ha preso il prestito per tre anni va in pensione con 1.078 euro netti al mese (invece di 1.286 dato che la rata è di 208 euro) per 13 mesi e quindi con 14.014 euro annui.
La rata sconta l’alto premio assicurativo (il 29% del capitale) dovuto all’alto rischio di premorienza. Il prestito che può essere chiesto una volta compiuti i 63 anni, infatti, non ha garanzie reali e non si ripercuote sulla eventuale pensione di reversibilità ma va restituito tra i 66 anni e sette mesi, quando scatta la pensione di vecchiaia e gli 87 anni e sette mesi, un’età superiore all’aspettativa di vita media. E dal Governo ricordano che le mensilità sono 12 «perchè si tratta di un prestito e non di una pensione» e che il prestito è comunque vantaggioso rispetto a quelli di mercato dato che il 50% dell’assicurazione e il 50% degli interessi sono a carico dello Stato. Si potrà chiedere anche solo per pochi mesi e si potrà fare un’estinzione prematura senza costi.
Il Sole 24 Ore – 12 novembre 2016