Tu chiamala, se vuoi, «contro manovra» o «finanziaria ombra». Loro, i governatori di Veneto, Lombardia e Liguria, che l’hanno scritta, preferiscono «bilancio dei virtuosi». L’hanno presentato ieri, nel terzo dei tre appuntamenti dell’«asse del Nord» (i primi due sono stati a Genova sull’immigrazione e a Milano sulla riforma costituzionale), nella cornice di H-Farm a Ca’ Tron di Roncade.
«Qualcuno ci ha soprannominato “i tre tenori del centrodestra” – ha esordito Luca Zaia con un sorriso – e sia chiaro, noi non cerchiamo la rissa, non facciamo demagogia, vogliamo soltanto dare il nostro contributo affinché in Italia si affermi la virtuosità che contraddistingue i conti delle nostre Regioni. Penso che qui non si dicano baggianate: il ministro dell’Interno tedesco, in tema di immigrazione, ha appena ripetuto esattamente quel che dicemmo noi dopo il trilaterale di Genova. Sulla legge di Bilancio siamo forse perfino più titolati: guidiamo territori che sono il cuore produttivo del Paese. Chiediamo solo che le nostre proposte vengano prese in considerazione senza pregiudizi». Se mai volessero farlo, a Palazzo Chigi come a Montecitorio e Palazzo Madama, non ci vorrà molto tempo: è tutto sintetizzato in una paginetta, in quattro punti. Al primo, «Spending review» ci sono l’applicazione dei costi standard in sanità e al personale e l’eliminazione delle prefetture. Al secondo, «Federalizzare entrate e tributi», si legge la concessione dell’autonomia alle Regioni, la regionalizzazione del debito pubblico (vecchio pallino di Zaia), la destinazione totale ed esclusiva agli enti locali del gettito generato dai tributi locali, lo sblocco degli investimenti. Al terzo, «Richiesta economica su iniziative dirette», si distinguono la messa in sicurezza idrogeologica e anti sismica (anche con accensioni di mutui a carico dello Stato), gli incentivi alle scuole partitarie, l’innalzamento dell’Art Bonus dal 65 al 100% da estendere ai beni culturali di proprietà dei privati, purché siano enti ecclesiastici o senza fini di lucro. Infine, la «Semplificazione», con il trasferimento in capo alle Regione delle funzioni oggi svolte dall’Agenzia del Demanio, dalle Sovrintendenze e dal Corpo forestale e la regionalizzazione della tutela dell’ambiente e, per il Veneto, del demanio sulla Laguna di Venezia; l’eliminazione delle Conferenze dei servizi e la regionalizzazione della Valutazione di Impatto Ambientale.
La speranza che queste proposte vengano accolte prêt-à-porter dal governo è al lumicino ma l’obiettivo è riuscire a imporle all’attenzione dei parlamentari durante la discussione della manovra, traducendole in emendamenti che in più di un caso, se scoloriti della tintura partitica, potrebbero incassare consensi anche a sinistra (come le scuole paritarie). «Non vogliamo necessariamente spendere meno ma spendere meglio, a cominciare dalla sanità – ha aggiunto Roberto Maroni -. Al momento ci troviamo di fronte una legge strampalata che impedisce alle Regioni virtuose di investire, con un aumento della spesa di 19,5 miliardi e minori entrate per 16,2 miliardi, coperture farlocche, una manovra a debito per 15 miliardi. Perché a noi è stato imposto il pareggio di bilancio dal 2015 mentre per lo Stato vale dal 2019?». Maroni ha quindi accusato Renzi di mentire sulla sanità, «perché non c’è alcun aumento come detto nelle slide del governo, bensì una riduzione di 6,6 miliardi in 3 anni, come scritto sulla relazione tecnica di accompagnamento, l’unico atto che conta».
Più politico, invece, l’intervento di Giovanni Toti che, come già nei due incontri precedenti, ha molto puntato sul valore assunto da queste intese nell’ambito del processo di (difficile) ricostruzione del centrodestra. «Alla Leopolda Renzi ci ha raccontato l’Italia che vorrebbe. Noi qui vi parliamo dell’Italia che c’è già, ben governata dal centrodestra. Noi dimostriamo che non esistono solo Renzi e Grillo, esiste anche il centrodestra, che si sta rinnovando e ha una proposta seria e credibile». Che uno dei tre presidenti possa essere il successore di Berlusconi? «Il candidato sarà scelto, spero, in modo democratico dai dirigenti e dal popolo del centrodestra e sarà colui che meglio incarna il nostro programma» ha schivato Toti, a cui come si sa non dispiacerebbero le primarie. Poche parole per il buon intenditore Stefano Parisi, che giusto sabato sarà al Gran Teatro Geox di Padova per la tappa veneta di «Megawatt», la sua convention. «Io non ci sarò» ha messo le mani avanti Zaia «parto proprio sabato per una quattro giorni sudamericana, farò campagna per il “no” al referendum tra Argentina e Brasile». Ancora più netta la presa di distanza di Toti: «Io e Maroni saremo a Firenze per la manifestazione contro il referendum (organizzata dalla Lega, ndr .). Parisi ha delle buone idee? Mandi una e-mail».
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 8 novembre 2016