«Sì, sono emozionato. Resta ancora molto da fare, ma ora godiamoci questo momento storico». Il giorno dell’entrata in vigore dell’accordo di Parigi per la riduzione dei gas serra Carlo Carraro non nasconde il suo stato d’animo.
Da due mandati vicepresidente dell’Ipcc e unico italiano ai vertici del panel Onu che valuta le conoscenze scientifiche sul riscaldamento globale, Carraro, professore di Economia ambientale all’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha partecipato a 18 conferenze Onu sul clima. «Trattative estenuanti – racconta – in cui la prassi vuole che i documenti vengano letti due righe per volta, aprendo quindi la discussione ai rappresentanti dei 190 paesi presenti». Una maratona negoziale durata oltre un ventennio e del cui epilogo conserva un ricordo in particolare. «A Parigi l’ultimo giorno di lavori, dopo 24 ore di trattative ininterrotte, il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius cadde addormentato con la testa sul tavolo. I delegati attorno a lui ammutolirono, aspettando in silenzio si risvegliasse».
Ora si parte. Ma qual è stato l’evento che ha segnato la svolta?
«L’elezione di Obama. Nessuno si è speso come lui. La chiave del successo sta soprattutto nella sua capacità di collaborare con la Cina sulle politiche climatiche. Da quel momento Pechino si è portata dietro tutti i paesi in via di sviluppo».
Oltre alla percezione della politica è cambiata in questi anni anche quella della società?
«Nella mia professione di docente colgo una straordinaria consapevolezza e un eccezionale interesse da parte dei giovani. Se si riferisce alla svolta tecnologica che dovrà accompagnare la nuova epoca, per quella è ancora presto».
Quali sono i pregi e i difetti dell’accordo?
«Ci sono molte ragioni per essere soddisfatti. Veniamo da quasi mezzo secolo in cui le emissioni di CO 2 sono aumentate a un tasso crescente. Se applicato, l’accordo di Parigi stabilisce che questa crescita debba fermarsi nel 2030. Un risultato molto importante, ma sappiamo che non basta. L’anidride carbonica che pompiamo nell’atmosfera deve diminuire entro il 2050. Abbiamo quindi davanti due sfide: fare in modo che vengano rispettati gli obiettivi per il 2030 e fare ancora meglio a partire dal 2050».
C’è chi ritiene che il vero valore dell’accordo stia nel segnale lanciato all’economia: col clima si guadagna.
«È vero solo in parte e solo per alcuni settori. Nel campo energetico è sicuramente così, basti pensare che lo scorso anno le rinnovabili hanno rappresentato il 60% di tutta la nuova energia installata. Anche nel campo delle batterie per immagazzinare elettricità i passi avanti sono stati enormi e nel giro di pochi anni saremo in grado di avere a disposizione il circolo chiuso rappresentato da fotovoltaico sul tetto e batterie per l’accumulo garantite dall’auto elettrica. Se passiamo dall’energia distribuita agli impianti di grande potenza che fanno funzionare l’industria siamo invece indietro, soprattutto in Europa».
Trump può rovinare tutto?
« Difficile immaginare che in caso di vittoria darà davvero seguito a tutto ciò che ha detto in questi mesi, ma se lo facesse i danni per la lotta ai cambiamenti climatici sarebbero enormi».
Repubblica – 4 novembre 2016